C’era una volta Schengen

EUROPARLAMENTO

C’era una volta Schengen

L’area Schengen è una zona di libera circolazione senza controlli alle frontiere interne, istituita il 14 giugno 1985 con l’accordo che prende il nome dall’omonima cittadina lussemburghese in cui venne sottoscritto da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi; entrato in vigore il 26 marzo 1995, oggi lo spazio Schengen conta oltre 4 milioni di chilometri quadrati e una popolazione di quasi 420 milioni di persone e comprende 27 paesi: 23 dei 27 Stati membri dell’UE, tutti i membri dell’Associazione europea di libero scambio (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera).

Il 1º gennaio 2023 la Croazia è diventata il 27º paese ad aderire allo spazio Schengen

I controlli alle frontiere interne di Bulgaria, Cipro e Romania non sono ancora stati soppressi e l’Irlanda ed il Regno Unito non fa parte dello spazio Schengen.

La Germania, da un po di tempo, sembra disattendere quello che aveva firmato e ratificato sul finire del secolo scorso.

Mi permetto di fare un parallelismo che ben si attaglia alla situazione che si sta vivendo: cosi come avviene in alcune facoltà universitarie italiane, dove l’accesso ai corsi di laurea è a numero chiuso, parimenti sta facendo la Germania, imponendo un limite alla presenza di stranieri sul proprio suolo.

La chiusura dei confini con Svizzera, Austria, Repubblica Ceca e Polonia adottata dalla cancelleria tedesca, è sintomatica di una situazione che ormai è fuori controllo. Lo stesso presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, in merito alla scottante questione, si è così espresso: “C’è bisogno di un limite agli ingressi di migranti in Germania”.

A questo punto è doveroso fare una riflessione

E’ vero che nessun accordo è fatto per durare in eterno e la Germania, in quanto tale, ha diritto di cambiare idea, realizzando che la strada che, inizialmente, poteva sembrava giusta, in realtà non lo era poi così tanto.

Il discorso diventa, però, poco convincente quando la stessa Germania inizia a foraggiare le Organizzazioni Non Governative (ONG), alcune delle quali figurano tra i finanziatori dei Verdi tedeschi, che si sbarazzano dei migranti, provenienti per lo più dal Nord Africa, portandoli a Lampedusa.

In questo quadro, la tensione tra il governo italiano e la cancelleria tedesca è ai massimi storici; malgrado tutto, l’Italia sta mettendo in campo tutte le risorse diplomatiche per addivenire ad una mediazione accettabile.

Non è stato ancora fissato il colloquio tra la nostra premier, Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz.

Se da punto di vista della politica estera, il governo si sta muovendo su un terreno minato, cercando di difendere la legalità ed i confini dello Stato, in Italia c’è chi sta buttando benzina sul fuoco, nella speranza che divampi un grosso incendio.

Matteo Ricci, sindaco Piddino di Pesaro e prossimo candidato alle elezioni europee, ha lanciato una petizione per estendere il diritto d’asilo non solo ai rifugiati, ma anche a chi parte per motivi economici e climatici. Praticamente, in questa accezione, potrebbe entrarci, come minimo, l’intera Africa.

Ora, se è vero che l’immigrazione, per alcuni versi, può essere considerata una ricchezza, e mi riferisco soprattutto a quei settori lavorativi poco attrattivi per gli italiani, anche se questa affermazione meriterebbe un ulteriore approfondimento, dall’altro, lasciare che chiunque possa accedere è cosa ben diversa.

Gli ultimi dati ISTAT disegnano una Italia che, già con la vigente normativa avrà più di 3 milioni e mezzo di immigrati nei prossimi 10 anni. Figuriamoci se dovessimo lasciare le porte aperte senza il benché minimo di controllo.

Per non farci mancare nulla ci si è messa di mezzo anche la magistratura

La dottoressa Iolanda Apostolico, giudice del tribunale di Catania, che lavora nel gruppo specializzato per i diritti della persona e della immigrazione della prima sezione civile, non ha convalidato il trattenimento/fermo di 3 tunisini ed ha emesso un provvedimento di liberazione di un immigrante illegale tunisino, destinatario già di un provvedimento di espulsione, giudicando illegittimo un decreto legge del governo, motivando la decisione secondo cui la Tunisia è paese non sicuro.

Parliamo della stessa Tunisia che ha rifiutato i fondi UE, e il cui presidente, Kais Saied ha rigettato la prima tranche di aiuti finanziari, affermando di non accettare elemosina e di pretendere rispetto.

Il sindacato delle toghe fa scudo intorno alla dottoressa Apostolico che in passato, secondo quanto si è avuto modo di apprendere, avrebbe condiviso post di Potere al Popolo. Ascoltata nel merito, il giudice ha affermato che la sua non è assolutamente una decisione politica ma è solo il risultato dell’applicazione del diritto.

In sua difesa si è schierata anche l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) catanese, considerando irriguardosi gli attacchi che la giudice ha subito ad opera del governo italiano.

Si riapre l’eterno conflitto tra politica e magistratura politicizzata.

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