Chi è Imane Khelif?

Chi è Imane Khelif?

L’identità dell’atleta Imane Khelif, da giorni al centro di un vero e proprio tormentone olimpionico è e resta una sorta di mistero attorno al quale si addensano sciami di sciacalli che stanno elevando il/la pugile a simbolo di una forma di inclusività che ormai è diventata talmente paradossale e stucchevole che finisce per essere escludente.

Escludente, ad esempio, per chi semplicemente si allena per anni, coltiva un sogno, arriva sul ring e si trova a combattere contro un avversario fisicamente molto, troppo superiore per motivi non dipendenti dalla sua bravura e allenamento, ma da una sorta di doping naturale che ne amplifica la potenza devastante dei colpi.

Nel match durato poche decinde di secondi la nostra pugile Angela Carini ha dovuto abbandonare l’incontro dopo aver ricevuto due ipertestosteronici diretti al volto che hanno mandato in frantumi i propri sogni in meno di un minuto.

Tutto normale?

Proprio no!

Di normale non c’è proprio nulla. Perchè perdere per meriti dell’avversaria ci sta. Perdere perchè un’atleta che non doveva essere ammessa a gareggiare ha vinto, ci sta un po’ meno. Anzi, fa una certa rabbia in un contesto in cui evidentemente la sana competizione sportiva ha lasciato il posto alla genuflessione verso una ideologia propagandistica che fingendo di voler tutelare le differenze, ne annulla, al contrario, ogni rilevanza, in un mare magnum dove tutti possono fare tutto, indipendentemente dalle circostanze e persino dalla scienza e dalla biologia.
Perchè il corredo genetico di Imane Khelif presenta la coppia cromosomica XY (quella che definisce l’individuo uomo, mentre XX definisce la donna). Quindi Imane Khelif è uomo biologicamente parlando.

Su questo, non vi possono essere dubbi. I’International Boxing Association nel 2023 aveva squalificato l’atleta proprio su questa base. Si tratta di dati pubblici, basterebbe controllare

E, tuttavia, Khelif potrebbe avere genitali femminili (quindi essere fenotipicamente donna) e la sua anomalia genetica configurerebbe una condizione assai rara (tra lo 0,05% e l’1,7% della popolazione) che descrive una specifica “categoria” denominata intersex.

Premesso che tuttavia nessun analisi specifica è stata condotta sull’atleta che legittimamente si è rifiutata di “mostrare i genitali”, ogni dubbio davvero permane anche su questa definizione. In ogni caso, intersex è, dunque, la persona la quale, pur avendo caratteristiche fisiologiche di un sesso, porta con sé delle condizioni genetiche indicanti il sesso opposto.

Il problema è che questa anomalia reca con sé tutta una serie di conseguenze che, nel caso di specie, assumono un rilievo decisivo

Infatti, una di queste è l’innalzamento del livello di testosterone rispetto agli standard normali femminili; e il testosterone è fattore essenziale per la conformazione della muscolatura, della potenza e dell’energia da questa sprigionata. Evidente dunque l’impatto su uno sport, quale quello del pugilato, in cui questi elementi risultano determinanti, naturalmente assieme all’allenamento, la forza mentale, la determinazione l’esperienza e quant’altro fa dell’atleta un campione.

Tanto che in altri tipi di disciplina – nuoto e atletica ad esempio – i c.d. Intersex non vengono ammessi alle competizioni che sarebbero inevitabilmente falsate.

Non si comprende invece per qual motivo il CIO ha dato il suo benestare per quanto riguarda il pugilato.

Nella guerra tra il CIO e L’IBA pesa forse la presidenza di quest’ultima di un russo?

In questa condizione ibrida si cela il nocciolo della questione, perchè proprio la particolare condizione di Imane Khelif la rende “troppo uomo per combattere con le donne, e troppo donna per combattere con gli uomini”.

Tant’è che, come detto, nel 2023 ai mondiali di boxe femminile l’IBA squalificò l’atleta per la presenza della coppia cromosomica XY (e non per l’eccesso di testosterone come viene asserito). Ripeto, sono dati pubblici.
Fatto sta che questa evidente disparità di condizione ha reso il match squilibrato e combattuto in condizioni di “non equità atletica”. Una “non equità” – si badi bene – che non è responsabilità delle atlete, ma frutto di un combinato disposto della condizione peculiare dell’algerino/a e di un CIO politicizzato con un regolamento che evidentemente è difettoso e lacunoso.

Questi i fatti! E no. I fatti non possono qualificare come donna Imane Khelif

Poco importano le foto da bambina (che qualche benpensante continua a postare anche sui social) o che abbia sempre combattuto in categorie femminili.
Poi ci sono le polemiche strumentali e imbarazzanti di quanti si accalcano a difendere la Khelif, che evidentemente non ne ha bisogno in quanto non ha alcuna colpa, e ad assicurarne il sesso femminile come se avessero controllato personalmente con una approfondita ispezione corporea.

Il tutto perchè l’importante era buttarla in caciara politica

La cosa essenziale per i progressisti italiani è dar contro al Governo Italiano, poiché il centrodestra che aveva stigmatizzato la questione evidenziando come chi non è donna, non può partecipare a competizioni femminili.
Sembra un’ovvietà, ma anche questa ovvietà è stata controribaltata da una sinistra strabica che da un lato ciancia spesso a sproposito di “genere”, e poi rivendica l’inesistenza del genere (qualche esponente del Movimento Cinque Stelle ha già dichiarato che la distinzione uomo/donna ormai non ha più senso, sic!). Una posizione quella della sinistra italiana che peraltro va contro le donne sacrificate sull’altare della cosidetta inclusività che , come detto, le esclude.

Un paradosso ideologico che alimenta un “furor pasionario” del tutto lontano dalla realtà, molto utile a occultare una totale mancanza di idee e contenuti

Khelif è stato erto a simbolo di inclusione per coloro i quali si definiscono “non binari” (addirittura al’AMGAY ha rilasciato una nota per cui la condizione dell’atleta algerino “comporta sì un “lieve” vantaggio, ma l’inclusione è più importante”). Dimostrazione plastica della strumentalizzazione di una vicenda assai delicata sul piano umano e sul piano scientifico, a meri scopi ideologici. La propaganda gender che da un lato contesta chi ha definito transgender Imane Khelif, non esita minimamente a sfruttare l’atleta per scopi di autopromozione.

La morte della logica, oltre che quella dello sport! Se l’algerino non è trangender la promozione dei supposti diritti LGBT non c’entra assolutamente nulla con la vicenda in questione né tantomeno con l’oscena strumentalizzazione della sinistra italiana.

Una sinistra che arriva addirittura ad addossare al Governo la colpa del ritiro della nostra pugile Angela Carini la quale – secondo costoro – non avrebbe retto alla pressione mediatica sulla vicenda.. Insomma come se Angela fosse una dilettante qualsiasi condizionabile e non all’altezza (mentale) della sfida.

Se questa vicenda rappresenta il punto più basso (finora) toccato in una Olimpiade che già dall’apertura aveva dato il senso di che cosa sarebbe stata la manifestazione (una evidente occasione propagandistica come dimostrato da tante vicende), l’atteggiamento della sinistra italiana è il punto più basso (finora) di una totale sociopatia politica che non consente loro nemmeno di vedere le immani contraddizioni del loro pensiero unico (psichiatricamente dissociato).

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