Ci sarà un Terzo Millennio per i partiti?
Tra le possibili revisioni della nostra Costituzione, ci preme inserire una stringente riflessione sul tema della regolazione dei partiti politici nel Terzo millennio inoltrato.
La nuova “democrazia”
Argomento tanto più baricentrico quanto più si fanno forti, a volte addirittura sfacciate, le spinte leaderistiche; i rischi della video( demo)crazia; l’assoluta assenza di un cursus honorum interno; l’evaporazione della fase propedeutica atta a formare culturalmente e politicamente i giovani; il consolidarsi della logica dell’intermittenza, con i partiti trasformati in meri comitati elettorali.
In sede costituente venne fatta la scelta prudenziale di non determinare un obbligo giuridico per i partiti,per il tramite del quale si potesse venire a fondare anche una democrazia «nei» partiti politici. Fisiologico, allora, il rischio di un’invadenza eccessiva dello Stato, che tanti danni aveva fatto nel passato prossimo.
Pertanto non vi fu una previsione costituzionale né legislativa con cui imporre una disciplina interna dei partiti politici fondata su regole democratiche stabilite in modo vincolante.
La nostra Repubblica
E la stessa nozione costituzionale del «concorso con metodo democratico» di cui all’articolo 49, piuttosto che riferita anche alle attività interne dei partiti politici, venne ad essere prevalentemente intesa come garanzia di un necessario pluralismo politico esterno,concretizzatosi nella possibilità per ogni formazione politica di partecipare al gioco elettorale nel rispetto dell’ uguaglianza delle opportunità.
A nostro parere, questo oggi non basta più. È necessaria un’aggiornata fase costituente per “regolare” la vita dei partiti italiani, se non vogliamo che le urne si svuotino in modo esponenziale. Riforma equilibrata, ma necessaria, ferma e rigorosa.Nei prossimi articoli affronteremo alcuni punti sensibili e nervi scoperti della questione.
Fonte: iltempo.it
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