Cina – I virus nascono in Cina per poi appestare allegramente tutto il mondo. Senza che nessuno gli abbia chiesto il favore. La globalizzazione è anche questo, è inevitabile. Sarebbe, tuttavia, evitabile che i signori dagli occhi a mandorla si permettessero di rendere il mondo un camposanto. Basterebbe alzare gli standard igienici di quegli orribili scannatoi che hanno l’ardire di chiamare “mercati”. Di virus.
I cinesi nel 2020 macellano ancora i cani, li tengono stipati in luride gabbie in attesa di essere scuoiati vivi. Nel 2020.
Il dossier di Repubblica, se proprio ce n’era bisogno, fa chiarezza sul perché proprio l‘Asia sia la terra dei virus. La risposta è quasi banale: il mantenimento di pratiche tradizionali cozza con la modernizzazione dilagante e mette a rischio la salute di tutti. Non mi pare che ci sia molto da meravigliarsi se i virus ci fanno la scarpetta su quei banconi e pavimenti.
Tanto banale che sarebbe il caso ponessero rimedio alla questione subito. Nei mercati popolari, ossia quelli tradizionali prediletti dai cinesi, le norme igienico sanitarie non esistono: gli animali vengono macellati vivi, anche quelli più rari, e si mischiano con i liquidi biologici a terra, dove stanno altri animali ancora vivi.
Non è un caso che proprio dal mercato di Wuhan sia partito il coronavirus che ha causato già diverse vittime e sta allarmando il mondo intero, con i primi casi riscontrati al di fuori dell’Asia, ovvero in Australia e addirittura negli Stati Uniti. La Sars, che vanta centinaia di morti all’attivo, vide la luce nel mercato tradizionale di Guandong.
Che dire poi dell’usanza di offrire il sangue dal collo dell’animale appena ucciso all’acquirente? Mi pare che qui il concetto di tradizione venga leggermente travisato, visto che la tradizione – quella vera che contraddistingue un popolo – di solito non si trova razzolando nella merda.