Clan Renzi: indagata anche “Lady Leopolda”.
Altro indagato, altro giro. Dopo i genitori (Tiziano e Laura), il cognato (Andrea Conticini), l’ ex braccio destro (Luca Lotti), il consigliere economico (Filippo Vannoni), l’ autista del camper (Roberto Bargilli), i presidenti delle sue fondazioni (gli avvocati Alberto Bianchi e Francesco Bonifazi), l’ uomo comunicazione (Patrizio Donnini), adesso è stata iscritta sul registro degli indagati anche Lady Leopolda, al secolo Lilian Mammoliti, la donna che con la sua agenzia, la Dot media, ha organizzato per anni la kermesse renziana e si è occupata di allestimento, merchandising e gestione dei social.
Dunque, nonostante a Firenze Matteo Renzi presenzi alle feste degli «ottimisti», quasi tutto il Giglio magico è iscritto sul registro degli indagati per una lunga lista di addebiti: bancarotta, false fatture, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio, favoreggiamento, ma anche traffico di influenze e finanziamento illecito che sono reati che presuppongono la presenza di un pubblico ufficiale, nel caso specifico di un politico. Nonostante questa lenta manovra a tenaglia delle procure, per ora l’ ex premier mostra di dormire sonni tranquilli, tra cene vip, conferenze retribuite e interviste.
In realtà i suoi avvocati seguono con grandissima attenzione quanto gli sta accadendo intorno e in particolare le indagini che a Firenze e a Roma hanno messo sotto inchiesta gli uomini che gestivano sue casseforti «politiche», ovvero le fondazioni Open ed Eyu. Bianchi, ex presidente di Open, è accusato di finanziamento illecito e traffico di influenze, Bonifazi, (senatore di Italia viva) per finanziamento illecito e false fatture.
Bianchi ha emesso quasi tre milioni di parcelle (per la precisione 2.948.691,20) per prestazioni professionali nei confronti della famiglia Toto, schiatta di imprenditori abruzzesi renziani. Per l’ accusa però quei soldi nasconderebbero una ricompensa per una mediazione illecita verso il Giglio magico e finanziamenti all’ attività politica di Renzi. Infatti parte di quel denaro (400.838 euro) è stato girato nel settembre 2016 sui conti di Open e del Comitato per il sì al referendum. Ma sotto la lente d’ ingrandimento sono finiti anche i 4,3 milioni che un altro dei Renzi boys, Donnini, avrebbe ricevuto dal gruppo Toto, tra consulenze, plusvalenze e altro. Per quei pagamenti è adesso indagata anche la sua amica e socia Lilian Mammoliti.
La premiata ditta Donnini-Mammoliti avrebbe incassato attraverso tre società: la Dot media, la Immobil green e la Pd consulting; quindi avrebbe investito il denaro in altre aziende, come la Keesy, ditta del settore turistico controllata per l’ 82 per cento dalla stessa Immobil green. La Mammoliti è la maggiore azionista: possiede il 95 cento della Immobil green e il 50 per cento della Dot media (il 20 è, invece, di Alessandro Conticini, altro indagato per appropriazione indebita e autoriclaggio, ma nella cosiddetta inchiesta Unicef).
Donnini e la Mammoliti al momento sono accusati di appropriazione indebita e autoriciclaggio per una plusvalenza da 950.000 euro ottenuta grazie all’ acquisto al prezzo di 68.200 euro di cinque società rivendute per più di un milione di euro alla Renexia spa dei Toto (l’ ad Lino Bergonzi è indagato).
A quanto risulta alla Verità l’ inchiesta, però, sta rapidamente virando verso altri lidi e potrebbe portare a nuove accuse, come il traffico di influenze e il finanziamento illecito. Alfonso Toto, condannato a luglio per il mancato versamento di 27 milioni di Iva, a Ferragosto ha incontrato Bianchi a Cortina. Nell’ occasione si sarebbe lamentato per tutti i soldi che Donnini gli avrebbe fatto spendere proponendosi come intermediario con il Giglio magico.
Certo risulta difficile credere che un imprenditore esperto possa aver sganciato milioni senza «vedere cammello», anche se l’ avvocato di Toto, Augusto La Morgia, sostiene che tutti i pagamenti (consulenze e plusvalenze) siano state regolarmente fatturate e giustificate.
In ogni caso l’ indagine toscana pare destinata a svelare il propellente della scalata al potere di Renzi e del suo Giglio magico. Ci risulta che dai pc e dai cellulari degli indagati siano stati estrapolati messaggi e email piuttosto compromettenti. Per esempio Donnini nelle sue agende annotava tutto alla virgola (incontri, pagamenti, ecc.) e sui suoi dispositivi elettronici i magistrati hanno trovato un’ inaspettata quantità di documentazione.
Nelle comunicazioni tra lui e Alfonso Toto viene nominato anche un noto politico del Giglio magico, che potrebbe portare (se non è già successo) all’ incriminazione di Donnini per traffico di influenze. Anche in questo caso gli investigatori non escludono la pista del finanziamento illecito e hanno puntato l’ attenzione sui pagamenti di Open (289.592 euro), del Comitato per il sì (122.000), ma anche di illustri politici renziani alla Dot media. Erano pagamenti reali oppure fatture che dovevano mascherare il sostegno economico di terzi all’ attività politica di Matteo Renzi, magari in contanti?
Se a Firenze è sotto esame la fondazione Open, a Roma i pm hanno rivoltato la fondazione Eyu, nata ufficialmente per promuovere «attività di ricerca scientifica che hanno l’ obiettivo di elaborare un nuovo linguaggio e nuove pratiche per i decisori politici di oggi e di domani», in realtà altra macchina da fundraising dei renziani.
I magistrati capitolini, guidati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, hanno contestato all’ ex presidente Bonifazi (già tesoriere del Pd, ora in Italia viva) i reati di finanziamento illecito ed emissione di fatture per prestazioni inesistenti. In questo caso i soldi non provenivano dai Toto, ma dal costruttore Luca Parnasi, sospettato di corruzione dagli inquirenti capitolini e rinviato a giudizio nell’ inchiesta sullo stadio della Roma. Resta da vedere se saranno solo Toto e Parnasi gli imprenditori accusati di aver finanziato sotto banco il fu Rottamatore.
Fonte: La Verità