Colonialismo, riparazioni e risarcimenti

Colonialismo, riparazioni e risarcimenti

Voliamo ad Accra, nel Ghana. Un ricordo gradito perchè ci andavo spesso in volo quando lavoravo in Alitalia.

La civiltà occidentale è sotto attacco

Nelle varie occasioni di conferenze e vertici internazionali, visite ufficiali di capi di Stato, giornate mondiali commemorative, Assemblea generale dell’ONU, l’Occidente è chiamato in modo sempre più assillante a rispondere di misfatti , veri o presunti, attuali o passati, per i quali gli si chiede di umiliarsi.

L’Europa viene giudicata colpevole dei peggiori crimini mai commessi e viene istigata a considerare l’Africa la principale e commiserevole vittima.

Tanto che ci portiamo dietro un senso di colpa incommensurabile dal quale scaturisce anche l’accettazione di una immigrazione selvaggia di cui oggi vittime siamo noi.

Per farci perdonare

Ad Accra, dal 14 al 17 novembre dello scorso anno , si sono incontrate diverse personalità di ex Paesi colonizzati africani e caraibici, tra cui il Presidente dell’Unione Africana (UA) Azali Assoumani e la Segretaria Generale della Comunità Caraibica (CARICOM) Carla Barnett.

Una conferenza per risanare i danni umanitari, morali ed economici causati dallo sfruttamento delle forze coloniali nel corso della storia, fino a siglare il Proclama di Accra, che ha deciso di istituire un fondo di riparazione globale.
Qualche mese prima, a giugno, era stato presentato da Patrick Robinson , giudice della Corte Internazionale di Giustizia il Rapporto che aveva quantificato i risarcimenti dovuti per lo schiavismo.

Il Proclama di Accra, è diviso in 15 punti e tratta delle rivendicazioni dei Paesi e delle entità sovranazionali che riuniscono gli ex Paesi colonizzati e istituisce, come si legge nel punto 5, la creazione di un rapporto di partenariato tra “UA, CARICOM, Stati dell’America Latina e diaspora africana in Europa e in tutte le altre regioni del mondo”.

Un Comitato di Esperti sulle Riparazioni stabilito dall’UA, così come un Fondo Globale per le Riparazioni

Se ne occuperà e tradurrà in risorse che vengono stimate secondo il Rapporto presentato dal Giudice Robinson, ad almeno 100.000 miliardi di dollari. Quello del risarcimento, per quanto fondamentale, è comunque solo uno dei punti programmatici.

Infatti Il percorso condotto dalle ex colonie è lungo e complesso. Inizia con una condanna del colonialismo e di tutte le sue forme, cause e conseguenze, come l’imperialismo, ma contemporaneamente denuncia anche la schiavitù, chiedendo una piena ammissione di colpe e responsabilità da parte dei Paesi coinvolti, con l’esigenza di scuse, e un risarcimento in denaro per il danno umano, morale ed economico.
Solo dopo dopo questo iter potrebbe essere ipotizzata un’autentica riconciliazione tra colonialisti e colonizzati.

Queste rivendicazioni sono abbastanza recenti ma la loro storia parte da lontano

Non è facile tracciare una linea che definisca il percorso che ha portato alla nascita di questi movimenti, ma ci ha provato l’Associazione Riparazione del Colonialismo, la quale si è fatta carico della imponente ricerca per definire “un quadro complessivo, dalle sue origini ai giorni nostri, della riparazione del colonialismo e della posizione presa dalle singole nazioni rispetto ad esso”.

Un primo abbozzo di condanna al colonialismo è riscontrabile nell’Articolo 73 dello Statuto delle Nazioni Unite, siglato il 1945, relativo all’amministrazione dei territori non autonomi. Qui, al punto b, si legge che gli Stati membri dell’ONU che “abbiano od assumano la responsabilità dell’amministrazione di territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia” sono tenuti a contribuire allo sviluppo e nella promozione di un’autentica autonomia e indipendenza dei Paesi interessati, favorendo l’autogoverno delle popolazioni.

Sempre l’ONU, nel 1960 approva la risoluzione n. 1514 con la quale impone l’immediato “trasferimento di tutti i poteri ai popoli di quei territori” che non hanno ancora raggiunto la piena autonomia, condannando inoltre “soggiogazione, dominazione e sfruttamento”.

Le condanne nazionali e internazionali sono diventate col tempo rivendicazioni di risarcimenti a volte riconosciute bilateralmente, altre sancite dall’alto

A tal proposito, l’ONU nel 2001 si è fatto promotore della Dichiarazione di Durban, dove nei punti 100, 165 e 166 inizia a discutere di “riparazione” dei danni causati dal colonialismo e in particolare proprio dallo schiavismo, meglio discussa nella risoluzione 2002/5. In generale i movimenti di richiesta di risarcimento da parte degli ex popoli colonizzati sono numerosi e viaggiano in parallelo con la rivendicazione di un senso di appartenenza a qualcosa di più grande, come nel caso del Panafricanismo.

Negli anni sono stati fatti numerosi passi avanti che hanno avvicinato i vari popoli sfruttati per parlare con una voce comune

Il Proclama di Accra è solo l’ultimo dei traguardi raggiunti, e preannuncia un percorso sempre più in discesa, ma ancora parecchio lungo. Come sostiene Dario Lucisano.(Battaglia-di-africa-e-caraibi-contro-le-ex-colonie/).

Che cosa è il neocolonialismo

“Il neocolonialismo in Africa si verifica quando paesi potenti esercitano un controllo indiretto sui paesi africani attraverso il dominio economico, la diplomazia e l’influenza culturale. Ciò può comportare la dipendenza economica da parte dei paesi africani dalle multinazionali straniere, l’adozione di politiche liberiste imposte dall’estero e per le quali i Paesi africani non sono pronti, l’aiuto finanziario condizionato e la diffusione di un’ideologia dominante.

Questo ha spesso effetti negativi sulle economie e le società dei paesi africani, inclusa la perdita di sovranità, la perpetuazione della povertà e dell’instabilità politica. Inoltre, il neocolonialismo in Africa spesso impedisce lo sviluppo sostenibile e il progresso economico e sociale dei paesi africani, perpetuando un modello di dipendenza e sfruttamento”.

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