Merkel e Macron si sentono regina e principino d’Europa. E hanno pure ragione: fino ad oggi nel vecchio continente, hanno fatto il bello e cattivo tempo, e col trattato di Aquisgrana hanno voluto farci capire che qui comandano ancora loro, o almeno sono disposti a tutto perché continuino nel loro intento. Ma avevano realmente bisogno di ratificare l’ovvio? Certo che no: i motivi veri del trattato sono altri. Parlando in termini bassi, è la pisciatina territoriale del cane grosso.
Credo che l’Europa, vista come accozzaglia politica di padri padroni e figli di un dio minore, abbia avuto un bel calcio nelle reni. E questo non tanto per i contenuti che il trattato esprime: bene o male è roba ormai risaputa e anche un po’ decotta. Ma in quanto viene usato come tentativo di ripristinare l’egemonia bipolare (termine scelto non a caso) di chi ha veramente il cerino in mano. E vorrebbe continuare ad averlo, a dispetto dei santi.
Le sfere di influenza europee più importanti sono due: la politica economica e quella estera. Da quando questa brutta Europa è nata, sono sempre state ad appannaggio delle solite due nazioni: la Germania gestisce l’economia e la Francia la politica estera.
Il trattato di Aquisgrana non ha fatto che ricordare agli altri comprimari (ci siamo anche noi nel mezzo) chi comanda. E questo è facilmente comprensibile: a maggio ci saranno le elezioni europee e il vento che spira nelle nazioni del vecchio continente, così come in tutto il mondo, è veramente imbarazzante per Francia e Germania. Potrebbe metterle in crisi vera.
Bisogna rendere onore a Di Maio che ha provato a scoperchiare il vaso di Pandora delle colonie francesi nel sud sahara. Sono paesi in cui comanda una sola potenza: Parigi. Nessun altro può e deve metterci bocca. Essendo Parigi il controllore della politica estera europea è abbastanza sillogico intuire che non ci debbano essere cambiamenti di nessun genere. Specialmente per quello che riguarda i flussi migratori.
Un discorso simile può essere fatto per Berlino e la sua necessità di dettare il ritmo economico degli altri stati sudditi.
Il governo italiano è già stato puntualmente avvertito. Ma adesso che l’asse Parigi-Berlino è stato ufficialmente rinsaldato, il messaggio è chiaro: “e qui comando io, e questa è casa mia!”