La normalità, quella che tutti noi abbiamo conosciuto prima che questa subdola influenza impestasse il mondo, forse non tornerà più. Ne arriverà sicuramente un’altra, che impareremo a chiamare anch’essa “normalità”.
L’essere umano, spregevole creatura vivente per la maggior parte dei suoi aspetti, ha come punto di forza il sapersi adattare a tutte le situazioni. Quindi ci adatteremo anche a questo. E compiremo ogni sforzo possibile per ristabilire la nostra quotidianità.
Sicuramente vivremo in un mondo dove il controllo della persona sarà sempre più acceso e continuo. Ma questo è indipendente dal Covid. Abbiamo già tutti accettato di farci controllare quando abbiamo comprato il primo smartphone, abbiamo preso la prima tessera del supermercato, creato il primo profilo social.
Il controllo totale delle nostre vite
Viviamo sereni. Le “autorità competenti” sanno perfettamente a che ora vi svegliate, cosa mangiate per colazione, se avete l’amante, come la pensate politicamente e se fate la cacca con regolarità. Ma non perché ci spiano, ma perché siamo noi a fornire consapevolmente o no, tutto quello che riguarda le nostre vite.
Non riusciamo a fare più niente senza doverlo tramandare ai posteri tramite internet. La normalità di una semplice azione quotidiana, deve essere spiattellata su FaceBook o Instagram. Come se al mondo fregasse qualcosa se hai comprato un paio di scarpe nuove. Quindi, magari ci sarà una intensificazione dei controlli, ma niente di straordinario. Se volete vivere in anonimato, abbandonate cellulare, social, carte fedeltà e pagamenti elettronici. Ma forse non funzionerebbe nemmeno così.
Cambiamenti lavorativi e abitativi
Sicuramente il più grande stravolgimento si avrà a livello lavorativo, in città basate essenzialmente sul business. In Italia mi viene in mente Milano. Nel prossimo futuro vedo un cambiamento sia per quanto riguarda gli immobili destinati ad ufficio, sia per quello che riguarda le unità abitative.
Lo smart working porterà ad una drastica riduzione degli spazi adibiti ad uffici. Si cercherà il più possibile di far lavorare da casa, con evidenti risparmi per il lavoratore e per il datore di lavoro. Di conseguenza ci sarà una redistribuzione delle unità abitative.
Chi fa lavoro a distanza, dovrà avere una stanza in casa dedicata ad ufficio. Mica può lavorare in salotto con i bambini che guardano la tv o giocano. Ma le case costano, specialmente nelle città. Unica soluzione disponibile è quella di un ritorno al “paesello”. L’andare a vivere in paesi esterni alle città porta sicuramente dei benefici: qualità della vita più alta, abbassamento del costo delle abitazioni, possibilità di avere un giardino.
Chi ne soffrirà
Sicuramente non sarà tutto oro. La nuova normalità porterà anche a perdite di posti di lavoro. Mi immagino ad esempio tutti quei bar che forniscono pranzi per gli impiegati degli uffici milanesi. Loro andranno in sofferenza e sicuramente dovranno reinventarsi in altre attività
Magari i più svelti, approfittando della fuga dalle città, fuggiranno anche loro. Approfittando che i paesi torneranno a ripopolarsi, sicuramente avranno bisogno di più ristoranti, più bar, più negozi. Ci sarà indubbiamente una trasformazione lavorativa.
Quelli che soffriranno di più saranno i proprietari dei palazzi e dei fondi in affitto. Si troveranno i loro immobili pian piano svuotati. E depressi come valore.
La cosa che spero è che questa pandemia, analizzando da dove è venuta, ci abbia insegnato che non tutto quello che viene dall’estero è migliore. Anzi, la nostra produzione è sicuramente un gradino più su di quella forestiera.
E che anche i nostri negozianti possono spedire a casa, non solo le multinazionali che vogliono imporci il loro stile di vita.
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