Come un bambino mi trovo a riflettere sul Natale anche quest’anno, chiedendomi che cosa potrei o dovrei chiedere a Babbo Natale. Proprio come si faceva quando eravamo piccoli, ci apprestavamo con carta e penna a rivolgere a Babbo Natale le nostre richieste nella speranza che esaudisse i desideri.
Desideri che, di solito, coincidevano con giocattoli sempre più belli, con la semplicità innocente e ingenua di chi pensa che in una notte magica tutti i desideri si possano realizzare
Ricordo le tavolate, le luci, l’albero di Natale, simboli di un’atmosfera emotiva che non ha mai costituito il centro della festa, ma che ne erano un luminoso e appariscente contorno. Il centro della Festa era la famiglia riunita al completo e quel senso di protezione e felicità che impregnava di sé questi giorni pieni di festa e di gioia. Legami che si rinnovavano nella Tradizione, anno dopo anno, apparentemente uguali a se stessi, ma sempre diversi.
Legami di cui non si comprendeva appieno la portata e che invece, si sarebbero rivelato fondamentali nel percorso di vita. Sensazioni che sarebbero cambiate piano piano, quasi senza accorgersi lasciandosi dietro l’amarezza di tempi meravigliosi che non torneranno
Insomma, molti sono i ricordi, molte sono le nostalgie di quei Natali di attesa e di speranza per un futuro migliore, condita dai buoni sentimenti tipici del periodo a cui oggi guardiamo con troppa superficialità, resi cinici da un mondo sempre più cattivo e da una razionalità che rende prigioniera l’emozione.
Siamo divenuti adulti aridi che dibattono razionalmente sul Natale, sulla coerenza storica della nascita di Cristo, o con la sempreverde critica al consumismo che sfocia nel qualunquismo miope di chi ha perso ogni contatto con il proprio cuore.
Tutto vero, certo! Ma davvero possiamo liquidare il Natale con tale forma di cinismo razionale?
O non dovremmo forse recuperare il ricordo emozionale dell’attesa che diceva molto su noi stessi, su ciò che era importante per noi in quel momento dal punto di vista di una spiritualità ancora acerba che si manifestava mediante emozioni che non potevamo comprendere e che ci sarebbero mancate moltissimo?
La luce negli occhi e nel cuore di ciascun bambino in attesa, è quella stessa Luce che il Bambino Gesù viene a portare tra gli uomini ogni anno, rinnovando la Sua promessa di salvezza
Una salvezza che non è solo metafisicamente proiettata nel futuro, ma che ha molto a che vedere molto con il presente ed è più terrena di quanto possiamo immaginare. Dio che si fa uomo per salvare l’umanità offrendo una nuova prospettiva di vita che ci aiuti a sganciarci dall’egoismo tipico degli esseri terreni. Un Dio dunque che tramite la nascita di Suo figlio di invita a guardare al cielo riscoprendo la nostra vera natura, la nostra intima essenza. Guardare al cielo è infatti guardarsi dentro, alla ricerca di quella luce che annuncia l’arrivo del Salvatore. Noi siamo il Cielo e la stella cometa che annuncia Gesù riflette la nostra interiorità e rischiara la via per riappropriarsi di ciò che siamo veramente.
I magi portano i loro doni simbolici – che coniugano in uno la vita e la morte, lo spirito e la materia – verso un’essenza spirituale che sorpassi l’ego ipertrofico di cui siamo portatori, rinascendo nella grotta del nostro cuore
Quando nasce il Salvatore, la sua Luce, rischiara il cielo ma al contempo illumina noi stessi obbligandoci a guardarci dentro, oltre a ciò che vediamo. Una luce che ci chiede quindi di morire al vecchio e rinascere al nuovo. Solo chi nasce di nuovo può godere del Regno dei Cieli dirà successivamente Gesù a uno strabiliato Nicodemo che, come tutti noi, è troppo proiettato nel mondo e non comprende la portata spirituale di quanto il Signore ha rivelato.
Ebbene, Gesù ci invita nascere nuovamente, come Lui nasce nuovamente dentro di noi, luce che rischiara le tenebre e motore di un rinnovamento continuo che parte da dentro e ci eleva verso più alti orizzonti spirituali.
Un messaggio potente che sarebbe riduttivo ricondurre a una religione intesa in senso comune e che invece appartiene in modo universale a tutta l’umanità
Ecco che dunque, anche oggi dovremmo guardare al Cielo con la speranza di un dono prezioso. Quel dono che Dio ci offre ma che in realtà, in quanto “Figli di Dio” già possediamo sin dal momento della creazione della nostra anima.
Noi non lo riusciamo a vedere né siamo in grado di scorgerne il rumore perché immersi nel rumore del mondo, e per poterlo fare serve il silenzio della notte stellata in cui è nato il Salvatore
Proprio quel silenzio dovremmo imparare a creare dentro di noi, per distanziarci dal chiacchiericcio della quotidianità riscoprendo la nostra grotta simbolo di cuore dove può sorgere la Luce di Dio, incarnata nel pianto del bambin Gesù!
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