Cosa resta del comunismo a un secolo dalla sua nascita? Il nulla. Settantacinque anni di storia mondiale, un’espansione intercontinentale senza precedenti che ha superato per quantità di adepti, vittime e sudditi. Tutte le religioni del pianeta in una ramificazione ideologica, intellettuale, politica senza precedenti. E un perdurante comunismo strisciante o geneticamente modificato in molti Paesi, dalla Cina a Cuba, all’Occidente.
Cent’anni fa il comunismo andò al potere con la rivoluzione bolscevica.
Il comunismo è stato per durata, ampiezza e vastità di popoli e continenti coinvolti, la più grande e più tragica esperienza del Novecento. È stata anche la più grande speranza terrena, storica, che si è poi rivelata illusoria e catastrofica.
Grandi paesi come la Russia e la Cina, buona parte del sud-est asiatico, mezza Europa orientale, alcuni paesi dell’Africa e dell’America latina sono stati investiti dal comunismo.
Eppure a pochi anni dalla fine dell’impero sovietico e dei paesi satelliti, nonché dalla fine dei partiti comunisti occidentali, la memoria del marxista è sfuocata, come se appartenesse a secoli remoti, diventa vintage, utopia e archeologia.
Si parla infinitamente più di nazismo e di fascismo
benché la storia di quei regimi risalga alla prima metà del secolo, si chiuda quasi mezzo secolo prima del comunismo e riempia solo un ventennio o poco più della storia di singoli paesi. Quando si parla del comunismo prevale l’uso di riferimenti parziali o derivati diversamente nominati. Ad esempio quando si parla di totalitarismi, il riferimento d’obbligo e sostitutivo è allo stalinismo, più raramente al maoismo.
Raramente si usa parlare di comunismo – soprattutto a proposito di terrore e totalitarismo, deportazione e repressione – come se si volesse salvare l’immacolata purezza dell’idea dagli orrori della storia.
Una sintesi esplicita di questa distinzione la esprime uno dei più lucidi teorici dell’italo-comunismo, Mario Tronti:
“I cosiddetti regimi comunisti non erano regimi comunisti, ma qualche cosa che dobbiamo ancora definire”. Dove c’è il male non può esservi comunismo ma deviazione…
C’è una vasta letteratura politica e ideologica che ripete questa distinzione tra gli errori storici del comunismo e l’essenza ideale del comunismo ancora da inverare.
I vari comunismi
sparsi nel mondo e nel tempo sarebbero dunque tutti surrogati, forme abusive, esperimenti traviati, illusioni ottiche, imposture o sostituzioni di regimi, disguidi e tradimenti. Il comunismo resta così una magnifica promessa che splende nell’alto dei cieli, non ancora incarnata nella storia. Non va sporcata col sangue delle vittime né col fango delle sue storiche realizzazioni.
Solzenicyn avvertiva:
“Hanno inventato il termine stalinismo. Ma non c’è mai stato nessuno stalinismo. Fu un’invenzione di Krusciov per attribuire a Stalin quelli che sono invece i caratteri fondamentali del comunismo, le sue colpe congenite. In realtà aveva già detto tutto Lenin”.
Lo stalinismo è qualcosa di più del capro espiatorio, ha sul piano storico la funzione della bad company nel sistema aziendale neocapitalistico: assorbe le negatività di un’ideologia, scarica i suoi debiti e le sue sofferenze in una bara fiscale, e così salva l’impresa.
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