Il Natale e le Feste di fine anno sono un richiamo continuo alle tradizioni, tra queste, tra le mie,vi è il sottofondo musicale durante il pranzo di Capodanno del “Bel Danubio Blu“, i Valzer Viennesi ed il finale della Marcia del maresciallo Radetzky, nobile boemo che fu a lungo governatore del Lombardo-Veneto dell’impero AustroUngarico. Come generale dell’esercito austriaco fu il comandante dell’esercito austriaco durante la prima guerra d’indipendenza italiana e riconquisto’ Milano dopo i moti risorgimentali, proprio in tale occasione la marcia fu scritta.
Nonostante questo, anche l’Italia è uno dei paesi che si collega con tale evento che richiama spettatori da tutto il mondo, che vale il prezzo del carissimo biglietto, prenotato un anno per l’altro per essere lì, nella sala dorata del Musikverein, e partecipare al gran finale. Come fanno del resto i 40 milioni di appassionati collegati in diretta tv a capodanno in 90 Paesi del mondo.
Quest’anno sarà diverso
Il direttore Andris Nelsons, per la prima volta su questo podio, d’accordo con i Wiener Philharmoniker ha deciso di proporre una nuova versione del brano, più affine all’originale di Johann Strauss Sr.
Qualche passionale risorgimentale italiano ha manifestato fastidio per quella Marcia offensiva per il nazionalismo italiano? Forse un animo antieuropeista vuole attentare alle tradizioni ormai invalse in nome di confini ormai desueti?
No nulla di tutto ciò, la colpa è da ascrivere ad un anonimo musicista, Leopold Weninger, compositore iscritto dal 1932 al partito nazista, che a metà degli anni Trenta, cambiò arrangiamento alla Marcia, rendendola più marziale e ritmata, con rinforzi di percussioni, consona al nascente partito nazionalsocialista.
“Ombre brune che abbiamo voluto spazzare via una volta per tutte” spiega Daniel Froschauer, primo violino e presidente dei Wiener, “In questa forma rivisitata la Marcia entrerà definitivamente nel nostro repertorio. D’ora in poi la si ascolterà solo questa versione“.
L’eccesso di politicamente corretto potrebbe paradossalmente rinverdire il ricordo di un significato sbiadito e ormai inesistente. Il festoso battere di mani, spesso diretto dallo stesso maestro d’orchestra non ha avuto alcun rigurgito nazista, del quale peraltro nulla si sapeva fino a che questi nuovi figli della censura lo avessero ricordato.
O si vuole credere che da Abbado a Muti, da Barenboim a Mehta si perpetrasse l’oscuro disegno di celebrare il Reich millenario?
O che Radetzky, morto nel 1858, in fondo avesse la svastica nel cuore?
La verità è che questo continuo clima di caccia alle streghe ci toglie sempre qualcosa, che sia una sana risata, o la nostalgia ricorrente di un motivo immutabile che viene da lontano, dalla nostra infanzia. Fino alla prossima follia di una censura, questa sì, che odora stantia di regime e controllo delle menti.
Buon Capodanno a tutti, ne abbiamo veramente bisogno di questi tempi.