Il Tribunale civile di Chieti, con ordinanza del giudice Nicola Valletta, ha accolto il ricorso di un avvocato e ha condannato Facebook a pagare a quest’ultimo un risarcimento danni di 15.000 euro, per aver sospeso un profilo di un avvocato che aveva pubblicati post in favore del Duce.
Invocando il mancato rispetto dei famigerati standard della community, Facebook aveva rimosso dal profilo dell’avvocato una foto di Mussolini in occasione del suo compleanno e una foto della bandiera della Repubblica Sociale Italiana. Era già successo nei confronti delle pagine del Movimento di Casapound.
Sospensioni durate in tutto 123 giorni e che hanno indotto l’avvocato ad addurre, nel giudizio, l’inadempimento contrattuale di Facebook.
Il ricorrente, Gianni Correggiari, era assistito dall’avvocato Antonio Pimpini del foro di Chieti.
Come chiarito nell’ordinanza, la controversia è solo in ordine alla corretta prestazione e fruizione di un servizio reso in forza di titolo negoziale contrattuale.
Nel provvedimento si rintraccia una ricostruzione perlopiù storica delle figure coinvolte nella fattispecie: “Tutte queste condotte non concretano la violazione di standard viceversa addotta dalla parte convenuta, ma esercizio del diritto costituzionale fondamentale di libertà di manifestazione del pensiero, avvenuto in modalità improntate a continenza e insuscettive di limitazione. Sul piano squisitamente giuridico (e in tale limitato ambito) Mussolini è stato Capo di governo dello Stato italiano e come tale riconosciuto nella comunità giuridica internazionale e, fatto storico, non è stato oggetto, come persona fisica, di alcuna sentenza di condanna per attività illecite, le sue condotte non sono state ritenute difformi dal diritto internazionale dell’epoca. La bandiera della Rsi è propria di un soggetto che non ha trovato ovviamente riconoscimento nel diritto internazionale generale, come noto connotato dall’effettività della sovranità, nel caso specie, ahimè, esistente”.
Comunque la si pensi politicamente, è consolante sapere che la censura onnipresente ed onnipotente di Zuckerberg possa essere censurata in sede giudiziale da magistrati che riescano a scindere il dato storico e di libero pensiero da legittime idee in tema che ognuno di noi ha.
È ciò che deve, o dovrebbe, sempre tenere a mente un magistrato giudicante nell’esercizio del suo ministero.