Contanti, conti correnti e controlli. Ecco il nuovo Fisco – In un primo momento, quando ancora nessuno sapeva cosa fosse il Covid-19, l’obiettivo dichiarato del governo giallorosso era quello di racimolare almeno 7 miliardi di euro nella lotta, senza frontiere, all’evasione fiscale.
Già, perché se certi provvedimenti nascono per finalità sanitarie, accanto alla loro utilità sanitaria rappresentano un regalo inaspettato per favorire una stretta ancora più stringente da parte dell’amministrazione fiscale. Basti pensare al recente Documento di economia e finanza (Def), nel quale si sottolineava il potenziamento delle attività di analisi del rischio di evasione attingendo in modo ancora più deciso al patrimonio informativo da parte delle strutture dell’amministrazione finanziaria.
La stretta del Fisco sui contanti
In ogni caso, come sottolinea il quotidiano La Stampa, l’esecutivo ha rinviato di 6 mesi, quindi al 2021, sia la piena introduzione dello scontrino elettronico sia la lotteria degli scontrini. Certo è che la fattura elettronica, entrata a regime lo scorso anno, portando buoni risultati (4 miliardi di gettito Iva in più), ha dato al governo un’indicazione precisa: allargare tale pratica tra i negozianti.
Ma non è finita qui. Infatti molto probabilmente, nella Fase 2 del Fisco, verranno incrementati i controlli sui movimenti sui conti. Le banche, già ora, devono segnalare ogni movimento che superi il tetto dei 10mila euro mentre il Fisco ha la possibilità di spulciare nei nostri movimenti.
Il tutto utilizzando un incrocio di informazioni messe a disposizone dalle banche dati. Dati che andranno inevitabilente ad impattare su una nuova (grossa) novità: il nuovo limite per l’uso dei contanti. Il tetto di utilizzo del cash si abbasserà da 3mila a 2mila euro a partire dal prossimo luglio, mentre scenderà a 1.000 nel 2022.
Un elemento, quello del nuovo tetto al cash, importante sul monitoraggio dei pagamenti. E proprio su questo fronte non va sottovalutata l’imposta sul valore aggiunto. Non a caso, tra le varie voci che compongono gli incassi dello Stato, l’Iva è una delle più importanti a mancare. Si stima che l’Italia sia il Paese con la più grande perdita di gettito in questo campo, con 33,5 miliardi su un totale di 137.
L’evasione raggiunge i 109,67 miliardi
Sempre dalle statistiche dell’Ue imprese e lavoro autonomo hanno una propensione all’evasione che si attesterebbe intorno al 69,6%, seguito dall’Iva con il 27,4%.
Gli ultimi dati parlano chiaro: l’evasione raggiunge i 109,67 miliardi, a fronte di 192 miliardi di economia sommersa. Guardando al 2017 mancano all’appello 32 miliardi Irpef, quasi 38 di Iva, 8,1 di Irse, 5,5 di Irap, poco meno di 5 di Imu e 8,6 miliardi di contributi che dovevano versare i datori di lavoratori. E poi 2 miliardi di accise e 655 milioni di imposte sugli affitti in meno.
La situazione, rispetto all’anno precedente, è leggermente migliorata visto che troviamo 1,5 miliardi di evasione in meno. Ma è ancora troppo poco. La caccia ai centinaia di miliardi evasi è soltanto rimandata a quando rientrerà l’emergenza Covid.
Federico Giuliani www.ilgiornale.it
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