Il trasformismo paga?
Giuseppe Conte, dalla singolare posizione di attuale premier nonché presidente del Consiglio incaricato, risponderebbe di sì e in effetti qualche ragione ce l’ha.
Non è mai accaduto che il n.1 di un nascituro Governo – che peraltro avesse il proposito di segnare una netta discontinuità e svolta dal precedente Esecutivo – fosse il premier uscente; con la postilla che una simile evenienza si è già verificata nella storia repubblicana, al momento dei cosiddetti ‘rimpasti di governo’, ma mai in una cornice come quella attuale, che registra una nuova maggioranza per l’uscita di scena di una forza politica e il contestuale inserimento di un’altra.
Impossibile poi non evidenziare che la Lega (uscente) e il Partito Democratico (entrante) siano decisamente distanti nei tratti distintivi, nelle posizioni sui grandi temi: dunque impensabile prevedere da parte dei ‘giallo-rossi’ un percorso politico nel solco di quanto fatto dai ‘giallo-verdi’.
Viene spontaneo domandarsi: che discontinuità potrà mai realizzare il PD, finora forza di opposizione, con chi è stato al Governo per più di un anno? Come può mai costituire una maggioranza coesa con quel Movimento 5 Stelle che, forse più della stessa Lega, è ontologicamente agli antipodi dei Dem? E – punta di diamante fra queste chiarissime evidenze – come si fa a parlare di discontinuità accettando che la guida del Governo sia assunta dallo stesso Conte anziché, come coerenza vorrebbe, da altra personalità?
Come in ogni vicenda politica (e umana) anche stavolta le risposte si trovano negli obiettivi che la caratterizzano e nei mezzi atti a realizzarli: interessi di riorganizzazione e sopravvivenza gli scopi, tradimento e trasformismo gli strumenti. Il tutto coniugato con la determinazione di tornare o restare al potere.
Nessuno degli attori sfugge a quelle logiche.
Il Partito Democratico ha l’occasione di tornare a manovrare, occupare ministeri ed inserire i propri rappresentanti ai vertici delle società di pubblica rilevanza, di cui l’Esecutivo dovrà occuparsi procedendo a centinaia di nomine fra autunno e primavera.
I 5 Stelle, annusata l’ebbrezza del potere, non intendono rinunciare dopo appena un anno: a chi non farebbe gola una posizione ministeriale e soprattutto parlamentare, visto che per molti grillini l’occasione non si ripresenterà una seconda volta?
Conte, il professor ‘cortese’, fino a giugno 2018 illustre sconosciuto, ha vissuto una ribalta del tutto inattesa, che solo una posizione di vertice istituzionale può fornire: l’uomo si è fatto lusingare dalla sua stessa capacità di accreditarsi presso le cancellerie internazionali, di farsi ghermire dai poteri forti nazionali e comunitari contro cui il governo legastellato aveva mosso i primi passi, e ha preferito tradire quello spirito originario pur di mantenere Palazzo Chigi.
Ma il Premier – il cui profilo si viene sempre più a delineare come quello di un Giano bifronte, di un dottor Jekyll/mister Hyde – non è il solo ad essere venuto a patti con la propria coscienza, seppure in lui la gravità del trasformismo sia ai massimi livelli in quanto associabile ad una vanità che lo rende accostabile a Matteo Renzi.
Se quest’operazione di potere, benedetta da Mattarella con legittimità formale ma in spregio al quadro politico sostanziale nonché alla dignità delle Istituzioni, va in porto ciò accade per il tradimento della propria ragion d’essere da parte di entrambe le forze politiche: il M5S è nato contro il PD, che a sua volta storicamente vede nei grillini dei nemici più che degli avversari.
Ecco perché questo sarà il primo governo i cui contraenti non solo hanno discusso e discutono fra di loro sulla spartizione dei posti ancor prima di iniziare la trattativa, ma dibattono furiosamente ciascuno al proprio interno, sia per interesse di corrente sia per deficit di coesione.
Come negare la divaricazione fra Zingaretti, originariamente interessato ad andare al voto per rinsaldare la propria posizione, e Renzi, da sempre avverso a qualunque minimo contatto con i pentastellati e oggi – con l’ovvio scopo di mettere in difficoltà il Segretario – primo sponsor dell’operazione? E i mal di pancia di Richetti? Le perplessità di molti militanti? Lo strappo di Calenda?
Che dire poi, nei 5 Stelle, della sceneggiata sul consultare o meno la piattaforma Rousseau? Dei dubbi amletici dei realisti come Di Maio? Della furibonda avversione di Di Battista? Dei tentennamenti di Casaleggio jr? Della totale contrapposizione di Paragone? Oltre naturalmente a quella di tanti iscritti, che oggi non ritrovano più lo spirito originario del Movimento? Evidentemente più di tutto questo sembra potere l’incredibile inversione a U di Grillo, la spinta della corrente mancina di Fico e soprattutto la leva dell’indennità da mantenere per deputati e senatori, oltre alla consapevolezza di aver raggiunto una rappresentanza parlamentare non riproducibile in futuro.
Ecco che sulla pelle degli italiani, con il placet del Capo dello Stato e su input di tanti potentati – non ultimo il Vaticano, si giocano i congressi a cielo aperto di Democratici e Pentastellati, pronti a prestarsi (i primi per tradizionale acquiescenza alle organizzazioni politico-finanziarie di Bruxelles e dintorni, i secondi ormai acquisiti alla causa, come dimostra il contributo decisivo all’elezione della candidata tedesca alla presidenza della Commissione europea) ad un impensabile cambio di alleanze, tenuti insieme esclusivamente dai vari interessi convergenti descritti e dalla volontà politica di circoscrivere la Lega e bloccare Salvini.
Il ‘Conte 2° Matteo’ – cosi lo appelliamo in ragione della seconda esperienza di governo del professore, ma anche del ruolo di nutrice avuto dall’ex premier Renzi nonché della riproduzione di modalità a lui care, quali il potere fine a se stesso ed un’estrema spregiudicatezza – procede zoppo ancor prima del battesimo formale e nascerà in mezzo a divisioni laceranti, ma in qualche modo verrà partorito: troppi gli interessi in ballo e troppi i tradimenti attuati, per tornare indietro.
Tuttavia il tradimento principale, quello a danno della dignità e libertà dei cittadini di questo paese, non potrà essere cancellato da alcun tornaconto: prima o poi qualcuno, forse solo i 5 Stelle o forse tutti gli attori della vicenda, dovrà rendere conto di questo squallore ammantato dal sempre valido appiglio alla “responsabilità nazionale”. Verosimilmente il prezzo da pagare – in termini politici – sarà molto alto, non ci resta che attendere per vedere quanti saranno a dover aprire il portafogli.