Trump e i Dollari – Storicamente il mondo intero dipende dal Dollaro. Valuta forte per eccellenza, accettato in tutti i paesi come metodo di pagamento globale. Il biglietto verde è la moneta per eccellenza. Non c’è Euro che tenga. Per non parlare degli Yuan o Renminbi cinesi, che dipendono solo dal volere del Partito Comunista Cinese.
Le borse mondiali fanno la loro corsa, ma sono sempre con un occhio e un orecchio aperti su Wall Street. Quello che succede alla borse di New York, è innegabile, condiziona i mercati finanziari sui 24 fusi orari.
E il 45° presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, lo sa. Può non piacere perché è cialtrone, si presenta male, ha un modo di fare singolare. Tutto vero. Ma è altresì innegabile che sia un uomo d’affari di altissimo profilo. Un manager e un imprenditore di prim’ordine.
Qual’è lo scopo primario di un imprenditore? Saper investire bene per poi fare soldi. E mi pare che Trump stia investendo i Dollari americani per ripartire alla carica. Intanto sono atterrati sui conti corrente di ogni americano 1.200 dollari (500 per i bambini). Questo solo per sopperire al lock down. Denaro fresco, buono, senza trappole. Non come da noi.
È vero: facile con la possibilità di stampare moneta liberamente. Facilissimo, ma intanto lui l’ha fatto. E noi invece stiamo ancora pettinando le bambole. Ma le regole grottesche della Comunità Europea e della BCE, mica le ho scritte io.
Trump non può permettersi che la sua nazione sia ferma, impantanata su sé stessa. Non può permettersi di fare come l’Italia che ha adottato un “modello Wuhan” di chiusura totale da più di un mese senza sapere bene cosa fare. E per altro immotivatamente. Magari questa chiusura andava fatta per aeree di rischio. Non un tanto al chilo.
L’Istat, non io, ha dato i numeri: la media dei morti nei primi 4 mesi dell’anno è di 231.000 unità. Nel 2020 siamo (con proiezione alla fine di aprile) a 216.000. Ma ancora si sta fermi. E l’economia MUORE.
La nostra unica speranza si chiama Donald Trump, si chiama Dollaro. Essendo un paese che si basa essenzialmente sull’esportazione, se riparte la locomotiva americana, ripartiamo anche noi. Che adoriamo essere l’ultimo vagone del treno.
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