“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità“. Basterebbe questa citazione della Dichiarazione di Indipendenza americana per comprendere quanto in fondo sia legittimo quello che stanno facendo i gilet gialli in Francia.
Sono i discendenti di quei rivoluzionari che alla fine del settecento posero il popolo (o meglio, l’emergente borghesia) nella condizione di attore primario della politica, inizialmente nelle colonie americane e successivamente in Francia. Eppure c’è da dire che sin da subito le costituzioni hanno cercato, in un certo senso, di limitare la sovranità popolare anche al fine di temperare i pericolosi eccessi che una democrazia incontrollata e priva di qualsiasi freno poteva generare.
Emblematica la volontà dei padri fondatori di costruire una Repubblica in luogo di una democrazia. Ciò che avvenne da subito con successo negli Stati Uniti, faticava invece in Francia. Un potere ed una sovranità limitati e temperati da costituzioni più o meno rigide.
Nella sua arringa difensiva davanti al tribunale rivoluzionario George Jacques Danton ebbe a dire che “non era nelle intenzioni che divenisse un flagello per il genere umano, bensì un appello, un’ultima disperata risorsa per uomini disperati e gonfi di rabbia“. Riconoscette gli eccessi sanguinari della Rivoluzione però allo stesso tempo rivendicando orgogliosamente le conquiste sociali, le libertà acquisite, i torti riparati. Il suo discorso sintetizzava la Rivoluzione come “un’ispirazione per un sogno comune a tutti gli uomini di qualsiasi paese […] una fame di libertà che non potrà più essere ignorata“.
Forse oggi questa cultura e questo sentimento si è riscoperto nel popolo francese che trova espressione estrema nei Gilet Gialli, magari lontani pronipoti dei Sans-Culottes di un tempo. Magari oggi da noi tutto questo non sta succedendo in buona parte perché questo governo è espressione della volontà nella maggior parte degli italiani e non è sordo alle richieste di questa maggioranza popolare. Un baluardo istituzionale alla cieca rabbia ed alla disperazione creata in passato da chi non poteva dirsi certo espressione della volontà popolare.
Forse invece in gran parte d’Europa e soprattutto in Francia da troppo tempo ci sono governi che rispecchiano sempre meno la volontà del popolo, e sempre più quella di poteri transnazionali, dimenticando chi detiene legittimatimamente la sovranità. Ovviamente la violenza è sempre da deprecare ma gran parte della colpa appartiene a chi consapevolmente e sistematicamente spinge un un popolo alla disperazione.
Purtroppo l’indegno massacro delle Tuileries, con la folla che aggredisce i soldati svizzeri del re di Francia è una triste pagina della storia eppure costituisce una triste pagina di un Ancien Régime che non poteva dirsi del tutto privo di colpe. In fondo lo stesso si potrebbe dire di Macron…