Il debito pubblico viene da sempre analizzato. Jaques Attali, un giornalista economico francese consigliere di Mitterand prima e di Sarkozy poi, già presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, nel 2010 scrisse “Come Finirà”. Qui, vista la situazione attuale italiana, che è uno che potrebbe dirci la sua. In questo suo testo come sottotitolo in copertina c’era scritto: “se la questione del debito pubblico non diventa una delle sfide chiave, o la sfida principale delle prossime elezioni politiche, sarà inevitabile una crisi di proporzioni enormi. L’Italia è pronta a raccogliere la sfida?”. Questo nel 2010.
Questo economista della sinistra economica francese si poneva all’epoca, dopo la crisi finanziaria del 2008, la crisi Lehman, del TOO BIG TO FAIL, una questione molto semplice. Come può l’Italia riprendere la via della crescita del PIL per ripagare i debiti pubblici fatti?
Ce la farà Draghi?
Basterebbe già questo per dire che in 10 anni non ci sono state risposte adeguate. Poi nel 2020 è arrivato il COVID, e non ci sono ancora state risposte adeguate al quesito di Attali. Draghi insediato da 10 giorni ha necessità di lavorare, e può farlo tranquillamente perché la legge del bilancio italiano 2021 è stata votata a dicembre 2020, e può quindi impostare con profitto il suo lavoro. Ce la farà?
Attali nel capitolo finale di quel testo ha scritto un suggerimento. L’Italia può uscire dalla spirale sul debito se e solo se l’UE contribuisce, con la creazione del debito pubblico europeo, a socializzare i debiti italiani con il bilancio UE. Ma Attali andava oltre chiosando altro. I vari club di Londra, di Parigi, il G7, il G8, il G20 e le altre tavole rotonde tra Stati e finanzieri mondiali, non hanno ancora trovato un modo per gestire i debiti pubblici esuberanti degli stati sovrani. O diciamo troppo ingombranti. E non si mettono d’accordo su come farlo, neanche per i paesi poveri che indebitati fino al collo tentano una strada di crescita economica e sociale difficilissima.
Percorsi di crescita dei PIL nazionali
La proposta di Attali è quindi quella di privilegiare percorsi di crescita dei PIL nazionali (sommati sono il PIL mondiale). In questo modo si consente un ribilanciamento a favore della creazione di ricchezza economica ed a sfavore dei debiti pubblici nazionali. Ciò oltre che auspicabile, venendo da un economista di area socialista, fa ben sperare. Gli interventi pubblici in periodo di crisi da parte di stati sovrani sono anche sostenuti da interventi pubblici tesi a favorire lo sviluppo. Con una fiscalità privilegiata e con burocrazie sempre più efficienti. Un passaggio epocale per le logiche economiche dei democratici. Creando sviluppo migliorando efficienza e diminuendo la spesa pubblica.
In molti economisti ultimamente si pensa che il riassorbimento del debito pubblico eccedente passa attraverso l’inflazione. Perché così lo stato incassa di più perché ci sono più tasse da riscuotere e rimborsa parte dello stock di debito. Soffrono i salari non indicizzati e i reddituari a tasso fisso. La domanda di Attali che si poneva nel 2010 diventa dunque molto attuale.
Come finirà? Male.
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