Decreto Liquidità – “Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”. Potremmo citare Mao per descrivere la condizione delle aziende alle prese con il “Decreto Liquidità”. Ma la situazione pare eccellente solo per gli istituti di credito. E non per gli imprenditori, in gravissime difficoltà, che stanno navigando a vista in un mare tempestoso.
Andiamo per ordine e vediamo cosa sta succedendo. E per farlo dobbiamo prima esaminare, brevemente, cosa prevede il Decreto.
Il fondo di garanzia per le Pmi, fino a 100 miliardi di liquidità
Un primo intervento è stato il potenziamento del Fondo di Garanzia per le Pmi. Il Fondo potrà garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità, ed è stato esteso l’utilizzo alle imprese fino a 499 dipendenti. La copertura della garanzia è al 100% per i prestiti non superiori al 25% dei ricavi, fino a un massimo di 25.000 euro, senza alcuna valutazione del merito di credito.
In tal caso le banche possono erogare i prestiti senza attendere il via libera del Fondo. La garanzia è al 100% (90% Stato, 10% Confidi) anche per i prestiti di importo non superiore al 25% dei ricavi fino a un massimo di 800.000 euro, senza valutazione del merito. Garanzia che scende al 90% per i prestiti fino a 5 milioni di euro, senza valutazione del merito. Il prestito non potrà avere una durata superiore ai 6 anni, con un periodo di preammortamento di 24 mesi. Cioè gli imprenditori inizieranno a ripagare il finanziamento dopo due anni dall’erogazione.
La garanzia Sace
Un secondo intervento riguarda la possibilità di concedere alle imprese garanzie statali sui prestiti bancari attraverso Sace, una società per azioni controllata al 100% da Cassa Depositi e Prestiti. Opera nell’export credit assumendo in assicurazione e/o in riassicurazione i rischi delle aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all’estero. Per la garanzia di Sace sono previste tre soglie. Una copertura del 90% del finanziamento per imprese con meno di 5mila dipendenti in Italia e fatturato fino a 1,5 miliardi. Si scende poi all’80% per le imprese con più di 5mila dipendenti in Italia o con fatturato da 1,5 a 5 miliardi di euro. Fino ad arrivare al 70% per le imprese con fatturato superiore a 5 miliardi di euro.
I dubbi sulla garanzia di Sace
Per quanto riguarda SACE, per adesso, pare che non ci siano stati grossi problemi. In pochi giorni è stato definito il disciplinare tra Sace e Abi. Disciplinare che stabilisce i termini e le condizioni per il rilascio delle garanzie a favore delle banche finanziatrici. Immediatamente dopo la definizione del disciplinare, Intesa Sanpaolo ha sottoscritto il protocollo firmato da Abi e Sace. Seguita a ruota da altre grandi banche, tra le quali Unicredit, BNL Bnp Paribas e Banco Bpm. Ma ribadiamo che solo per adesso non ci sono stati problemi. Perché le richieste sono appena partite e ci sono molte incertezze sui tempi delle istruttorie. Oltre al fatto che, ancora, la modulistica di base non è stata uniformata per l’intero sistema bancario.
I problemi per i piccoli imprenditori
Situazione ben diversa invece per i finanziamenti ai più piccoli, quelli anche più colpiti dalla crisi. I problemi sono già emersi e la situazione è estremamente incerta. Alcune banche, infatti, si sono mosse subito, altre ancora nicchiano. Non c’è alcuna certezza sulle condizioni applicate, in particolare sulle commissioni e sui tassi di interesse e se questi ultimi matureranno anche nei due anni di preammortamento. Dalle banche poi giungono notizie di molte domande presentate con documentazione incompleta, nonostante la semplificazione della procedura. Incompletezza che porta a rallentamenti e ritardi nelle istruttorie che, in questa situazione, potrebbero essere fatali per molte imprese.
La denuncia dell’ex sottosegretario Zanetti
Ma il problema più grande lo ha denunciato l’ex sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti. In un articolo pubblicato il 25 aprile Zanetti ha evidenziato che le banche, piuttosto che erogare nuova liquidità, stanno utilizzando i finanziamenti garantiti dallo Stato per chiudere posizioni già esistenti. In pratica, estinguerebbero prestiti precedenti dei richiedenti con il nuovo prestito. Una rinegoziazione che porterebbe, al massimo, il 10% di quanto richiesto nelle casse ormai vuote dei piccoli imprenditori. E’ evidente che in questo modo verrebbe meno proprio la ratio del provvedimento del governo: immettere denaro fresco nel sistema economico.
I malumori aumentano, la crisi pure
Insomma, i malumori di imprenditori e liberi professionisti, al momento, sembrano più che giustificati. Dopo un lockdown indiscriminato che sta provocando crisi aziendali gravissime. Con l’emissione due decreti in cui il governo non ha stanziato un euro e ha passato il cerino acceso al sistema bancario. Alla luce di due vertici europei fallimentari in cui Conte doveva battere i pugni sul tavolo e invece ci è finito sotto. E’ più che naturale che il mondo imprenditoriale e delle libere professioni scalpiti. Davanti a tanta inerzia e dilettantismo le inquietudini aumentano e la povertà avanza.
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