Decreto Rilancio con mille promesse a imprese, lavoratori e disoccupati. Ma saranno vere?
Più che una diretta facebook di un capo di governo pareva una televendita di Giorgio Mastrota. Stasera Giuseppe Conte ha dato il meglio di sé promettendo di tutto e di più. Assunzioni, incentivi fiscali, ammortizzatori sociali, sovvenzioni, tagli di imposte. Insomma, mancavano il set di pentole e il condizionatore portatile in regalo e poi sembrava davvero una televendita su qualche TV locale.
ONE MAN SHOW
Un Conte irrefrenabile che ha sciorinato cifre a raffica. Ha esordito magnificando il nuovo decreto dichiarando che è pari a due manovre economiche. Dei 55 miliardi movimentati ben 25 sarebbero destinati a sostegno del lavoro, dipendente ed autonomo. Altri 15 andrebbero alle imprese sotto varie forme. Ulteriori 5 miliardi, invece, sarebbero in tagli di tasse: IRAP, IMU per le strutture ricettive e COSAP per gli esercizi commerciali. Altri 3 miliardi andrebbero alla sanità e 2 miliardi al sostegno delle imprese turistiche per adeguarsi alle misure anti-coronavirus.
Insomma, un vero “one man show” in cui non è mancato anche il momento del mea culpa per i ritardi nell’erogazione dei fondi della cassa integrazione.
DOVE LI TROVA I SOLDI?
Ma dopo il momento dell’euforia i dubbi e le incertezze si addensano all’orizzonte. Infatti viene da chiedersi dove siano le coperture per questa manovra. Nuovo debito pubblico? Tagli di spese? Oppure ricorso al MES? Considerando che per la sanità sono previsti solo 3 miliardi si dovrebbe ricorrere alla linea di credito con forti condizionalità. Ma Conte si è ben guardato dal dire da dove prenderà i soldi. E questo silenzio, visti i precedenti, non è molto rassicurante.
ENTI LOCALI IN GINOCCHIO
Ciò che è sicuro è che lo Stato vuole fare cassa con le finanze degli enti locali. Eliminando la rata IRAP di giugno ha, di fatto, chiuso i rubinetti alle casse regionali. E ricordiamo che sono le regioni a gestire la sanità pubblica. Tagli all’IRAP rischiano di corrispondere a forti aumenti dei ticket e tagli ai posti letto. Eliminando l’IMU sulle strutture ricettive e la COSAP si chiudono i rubinetti alle casse dei comuni, già in grave crisi. Le conseguenze potrebbero essere riduzioni dei servizi ed aumento abnorme dei costi di quelli a pagamento (asili in primis). Praticamente un gioco a somma zero con il quale con una mano (quella dello stato) si darebbe agli italiani e con l’altra (quella degli enti locali) si riprenderebbe l’intera cifra.
PIÙ PERPLESSITÀ CHE CERTEZZE
Una manovra, quindi, che fa sorgere più perplessità che certezze. Anche perché, come al solito, adesso ci metteremo in trepida attesa del testo definitivo del Decreto dopo almeno una decine di bozze che giravano per le redazioni. E le perplessità aumentano a dismisura se pensiamo che oggi il Mediocredito Centrale ha comunicato i dati relativi al Decreto Liquidità. Dati che hanno rivelato una realtà ben più triste di quella paventata da Conte.
LA BEFFA DEL DECRETO LIQUIDITÀ
Il Decreto, ad avviso del premier, avrebbe dovuto attivare 400 miliardi di flussi. Ebbene, nel periodo che va dal 17 marzo al 12 maggio, le richieste di finanziamenti al Fondo di Garanzia sono state pari ad appena 8,7 miliardi. Ricapitolando, la “poderosa potenza di fuoco” del Giuseppe nazionale si è rivelata un fiammifero bagnato che ha prodotto liquidità per appena il 2% di quanto annunciato. E di quel 2% una parte consistente non è neppure vera e propria liquidità. Perché le banche hanno solo rinegoziato precedenti esposizioni debitorie con nuovi finanziamenti. Garantiti dallo Stato. Insomma, non hanno tirato fuori un euro.
Dopo il bluff del Decreto Cura Italia e la beffa del Decreto Liquidità perché dovremmo aspettarci qualcosa di realmente positivo dal Decreto Rilancio?
Leggi anche: https://www.adhocnews.it/
www.facebook.com/adhocnewsitalia
Tweet di @adhoc_news