“Io non farò scissioni, né correnti” dice Alessandro Di Battista in una diretta dal suo profilo Instagram. Non risparmia colpi diretti. È caricato a pallettoni. Ne ha contro tutti, ma specialmente contro il MoVimento 5 Stelle, da cui ormai ha preso le distanza in maniera insanabile.
La frase più emblematica di Di Battista si può riassumere così: non sono io a pensarla in modo diverso dal Movimento. È il Movimento stesso che ha smarrito il motivo per cui era nato.
Di Battista ha solo un consiglio per i parlamentari espulsi per non aver dato la fiducia al Governo Draghi: fare ricorso per essere riammessi nel Movimento. Sempre ammesso che lo vogliano.
Era stato ventilato anche un ricorso alle nuove Tavole della Legge (la piattaforma Rousseau) per far decidere agli elettori chi avesse ragione tra l’intransigente e puro Di Battista, oppure i fenomeni del trasformismo capitanati da Mr. Sorrisodiplastica Luigi di Maio. Naturalmente i probi-viri del Movimento hanno detto: jamais! E, scampato il pericolo della scelta della fiducia (in modo truffaldino), poi la base decidesse per Dibba? Sicuramente a Casaleggio e Grillo verrebbe un travaso di bile insopportabile.
Mi sa che Di Battista abbia proprio ragione. Lui, e lo dico con la maggiore stima che possa avere nei confronti delle persone coerenti, è rimasto fedele alle ideologie con cui il M5S è nato. Tutti gli altri, felici oppositori della politica e della poltrona, hanno venduto l’anima al diavolo romano e si sono incollati a tutto quello che detestavano.
Ma la domanda è: quale anima?
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