Di Maio nelle liste del PD sarebbe un oltraggio alla decenza. Perché null’altro potrebbe essere. Sì va bene che in politica schifezze se ne vedono.Che bisogna avere un forte pelo sullo stomaco. Ma poi un limite all’indecenza dovrà pur esserci.
Una mossa irrispettosa
Come si fa a creare una proposta politica, concretizzare una lista, presentarla ad i propri elettori e poi andare a candidarsi in un’altra ? È un comportamento pessimo da parte di colui che lo mette in atto. Come è altrettanto pessima la dirigenza politica del partito che gli consente di entrare in lista.
In comportamenti simile c’è la dimostrazione empirica di una totale non considerazione,di una totale mancanza di delicatezza nei riguardi degli elettori. Gli equilibri di palazzo sempre posti avanti nelle scelte. Il corpo elettorale sempre secondario, se non ininfluente.
La cicala di sempre
Forse l’ape di Di Maio non decollerà mai.Perché potrebbe convenire direttamente una candidatura nella lista del Partito Democratico rinunciando a mettere su un progetto inutile.
Un’operazione che tutti i sondaggi sono concordi a definire dai risultati trascurabili, se non direttamente imbarazzanti.
È vero che non c’entra con la storia della cicala e della formica. Ma in fondo l’ape è un animale operoso. Sempre intento a fare il miele, a difendere l’alveare. Di Maio è esatta la personificazione nella realtà di una cicala.
Una cicala che si culla felice a cantare nel Paese di Bengodi. Appollaiata su piante ricche che elargiscono frutti, e tra meravigliose fontane che danno vino.
Uno che di certo non ha voglia di tornare a fare un lavoro, che non ha mai iniziato seriamente.
Se dunque il simbolo dell’Ape non sarà presente sulle schede, ce ne faremo una ragione. Ma ci potremmo fare meno una ragione di una sua rielezione, presentando un simbolo e passando per un’altro partito.
Si tratterebbe di una rinuncia a quel minimo di pudore che la politica deve preservare. Anche se si tratta di una politica da burla. Come è nel nostro paese da tempo.
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