Prima che venisse ucciso, Fabrizio Piscitelli era al centro di una maxi-inchiesta della Procura di Roma per droga. Nonostante nel 2013 fosse stato arrestato dalla Guardia di Finanza per un traffico internazionale di sostanze stupefacenti, Diabolik non era uscito dal giro. Nell’ambito di questa attività investigativa (tutt’ora in corso) si cercano adesso elementi probatori – telefonate, messaggi, appuntamenti, conoscenze – che possano aiutare a far luce sul responsabile (o i responsabili) dell’esecuzione dell’ex leader degli Irriducibili della Lazio, freddato intorno alle 18,50 di mercoledì nel parco degli Acquedotti, in zona Tuscolana, con un colpo di pistola esploso a distanza ravvicinata alle sue spalle.
L’assassino lo ha centrato alla testa, trapassandolo all’altezza dell’orecchio sinistro, mentre il 53enne era seduto su una panchina insieme al suo autista di origini cubane. Per passare inosservato, il killer indossava una tuta da jogging e aveva travisato il viso con un paio di occhiali e una bandana. Dopo aver sparato, si è allontanato a piedi, per poi fuggire su una moto.
I PM romani indagano per omicidio premeditato aggravato dal metodo mafioso. Gli agenti della Squadra Mobile cercano l’autore dell’agguato mortale nella fitta rete criminale frequentata dalla vittima: camorristi, albanesi, e non solo.
Il sospetto degli inquirenti è che chi lo ha materialmente ucciso sia solo un sicario e che il mandante (o i mandanti) abbia un’«alta caratura» criminale: qualcuno a cui Diabolik potrebbe aver «pestato i piedi» nella spartizione del territorio, qualcuno che non temeva di uccidere un’icona del tifo laziale, mettendosi contro una grossa fetta di Roma.
Qualcuno che non ha avuto paura di sparare alla luce del giorno, in un luogo pubblico, forse per dare un «segnale» a tutti coloro che gravitavano attorno a Piscitelli, considerato da molti come un leader carismatico (non soltanto tra i frequentatori dello curva nord).
«Aveva debiti per questioni di droga. Da quando nel 2016 gli hanno sequestrato tutto il patrimonio, compresa la villa dove abitava, non si è più rialzato».
A dirlo all’Agi è Vincenzo, ex ultrà della Lazio, e grande amico di Diabolik. «Ultimamente ci sentivamo poco. Ho dei figli da tutelare e sono uscito da certi giri. Certo è – aggiunge – che nessuno ti spara alle spalle per questioni di tifo, questa è roba da criminali. Tra tifoserie non ci si comporta così». L’appuntamento che Piscitelli aveva nel parco potrebbe essere stato proprio una trappola tesa per ucciderlo.