Dostojevski e Togliatti: il miserabile mandolinista

Dostojevski

Stamane sono passato davanti la statua di Fiodor Dostojevski alle Cascine di Firenze. E ho fatto qualche riflessione. Dostojevski, nacque a Mosca nel 1821, fu un grande scrittore a cui dobbiamo opere immortali come “Delitto e castigo” e i “Fratelli Karamazov”. Nel 1849 per le sue idee fu condannato a morte e graziato quando era già sul patibolo.

La condanna fu tramutata in quattro anni di lavori forzati. Soggiornò a Firenze, dove tra il 1868 e il 1869 portò a compimento l’opera “L’idiota”. Tutta la vita fu inseguito dalla censura, dalla cattiva salute e dalla povertà. Morì a San Pietroburgo nel 1881. Nel 2021 Firenze gli rese omaggio con una statua bronzea posta alle Cascine.

Dostojevski è tornato alla ribalta ora per il fatto che l’Università Milano Bicocca ha censurato annullandolo, a causa dell’aggressione all’Ucraina, un corso a lui dedicato per il fatto di essere Russo. A Firenze il sindaco Nardella ha rivelato che gli sarebbe stato chiesto di abbattere la statua dello scrittore alle Cascine a causa della guerra in Ucraina. Lui ha rifiutato adducendo che non si trattava di una guerra tra popoli.

Palmiro Toglietti

La mia vis polemica mi porta a fare il parallelo con Palmiro Togliatti. Togliatti nacque a Genova nel 1893, aderì al Partito Comunista alla fondazione nel 1921, e nel 1927 ne divenne segretario. Nel 1934 si trasferì in Russia, ebbe incarichi di rilevo nel Comintern e nel Cominform di cui rifiutò la presidenza nel 1950. Nel 1945 fu ministro di Grazia e Giustizia in Italia. Nell’ex URSS, in piena guerra fredda, gli fu intitolata una città “Togliatti“ sul fiume Volga. Noi la conosciamo come Togliattigrad. Morì a Jalta in Crimea nel 1964.

Nel 1930 fu conferita a Togliatti la cittadinanza Russa. In quell’anno durante il XVI congresso del Partito Comunista Sovietico disse queste parole. “È motivo di particolare orgoglio aver lasciato la cittadinanza italiana perché come italiano sarei solo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere 10 mila volte più del migliore cittadino italiano”.

Nel 1992 lo storico Franco Andreucci, negli archivi moscoviti trovò una lettera di Palmiro Togliatti (Alias  Ercoli) datata 15 febbraio 1943. Indirizzata a Vincenzo Bianco funzionario del Comintern.

Se muoiono i prigionieri, niente da dire

La lettera tra l’altro, abbraccia il tema dei prigionieri di guerra italiani in Russia. Mi preme evidenziarne una frase: ”Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni, di fatto non ci trovo assolutamente niente da dire…”

Secondo Fonti sovietiche del 1981, ci furono 21.000 morti italiani in battaglia e circa 47.000 in prigionia. Un eccidio. L’ex Urss non aveva firmato le convenzioni di Ginevra. Era chiara la sorte che i prigionieri avrebbero subito. I russi non avevano da mangiare per loro. Figuriamoci per i prigionieri.

Con questo voglio dire. Qualcuno si è mobilitato per cancellare Dostojevski, perché la Russia ha aggredito l’Ucraina. Nessuno si è mobilitato  per cancellare Togliatti dai nomi delle vie e dalle piazze Italiane dopo che la sua acclarata collaborazione con quello che era un nemico della Stato italiano ha causato la morte di diverse migliaia di cittadini Italiani. Possibile?

 

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