Ma dove lo troviamo il Patriota che Giorgia Meloni ha giustamente invocato per il Quirinale? Non mi sembra di vederlo, almeno tra i cento candidati possibili e i papabili di cui si narra, si vocifera, si parlotta. Anche i due candidati più gettonati non mi sembrano, con rispetto parlando, due patrioti. Mario Draghi è una figura autorevole e responsabile, ma a voler indicare la sua patria la troviamo nelle banche o nell’Europa. Può essere utile averlo al Quirinale per realpolitik, ovvero per coprire e garantire il prossimo governo rispetto all’Europa, al Recovery e alla Finanza, ma ho difficoltà a definirlo patriota. Magari è la soluzione giusta per riavere poi la politica a Palazzo Chigi e un assetto bilanciato nelle istituzioni; ma patriota non lo chiamerei.
Silvio Berlusconi ha tante virtù, e altrettanti difetti, è sicuramente un leader, anche se non è più quello di una volta, e la salute gioca brutti scherzi; ma non mi pare un patriota e nemmeno uno statista e tralascio ogni battuta sul suo passato chiacchierato e divisivo. La patria di Silvio è se stesso, o forse Mediaset, lui è centrato su di sé e in suo nome è pronto ad abbracciare e mollare chiunque; in questo caso pur di andare al Quirinale.
Una sua elezione sarebbe pesantemente condizionata da chi la renderebbe possibile, oltre il centrodestra; e avrebbe come contrappeso Draghi a Palazzo Chigi, o una figura non certo espressa dello stesso centrodestra per riequilibrare il quadro. I primi a patire la sua elezione sarebbero Salvini e Meloni. Peraltro personalità forti al Quirinale di solito non ci arrivano, e infatti nessuno dei leader della repubblica italiana ci è mai arrivato. E Berlusconi è una personalità forte, fin troppo marcata; ha dato il nome a un’epoca.
Non vedo altri patrioti in giro, almeno in ambito politico e tra coloro che potrebbero prendere i voti necessari. Quei quattro pesci lessi che si citano come candidati alternativi, vanno bene per la zuppa e per ripetere le solite ovvietà quirinalizie, non certo per la Patria. Certo che ce ne vorrebbe uno, magari, uno che finalmente non fosse designato dalla sinistra come accade ormai da troppi anni; e nemmeno dall’Europa o da qualche agenzia di rating e di scouting presidenziale. Però di patrioti, sinceramente, non ne vedo in giro.
Di italiani veri, oltre Toto Cotugno che si autocertificò così, non ne vedo in evidenza. O se vogliamo, l’unico vestito da patriota è il generale Figliuolo, con le sue medaglie, la sua divisa e la sua piuma dell’alpino; ma con tutta la simpatia per l’uniforme, lui non ha fatto la guerra al fronte ma al virus, e il suo patriottismo ha natura sierologica, vaccinale.
In questa fase depressiva della politica, l’unico galvanizzatore che tiene su di tono la compagnia di giro è il toto Quirinale; ma più se ne parla e meno si trova la quadra per un accordo largo o comunque maggioritario. Perché, come è noto, al Quirinale non si accede mai dal Portone principale o per acclamazione del Popolo sovrano; ma dalla botola, dal passaggio secondario di servizio, dalla porticina laterale, quando non vede nessuno e i corazzieri stanno in pausa pranzo.
Anche il presidenzialismo invocato dalla Meloni e con lei dal centrodestra, è cosa buona e giusta, voluta a larga maggioranza dagli italiani. Ma è una nobile petizione di principio perché tradotta ad altezza d’uomo, si ripete l’asta andata deserta per il patriota. E in passato, magari avrebbero vinto, fra gli altri, Di Pietro, Grillo, perfino Conte… Bisognerebbe poi delineare anche le prerogative del Capo dello Stato in relazione al governo per capire che presidenzialismo poi si vuole e si può fare.
Ma torniamo al tema. Ha ragione in linea di principio Ernesto Galli della Loggia quando dice che “Il patriottismo non può essere monopolio di nessuno”. Giusto in teoria, ma nella realtà il problema è opposto: nessuno evoca il patriottismo come pre-requisito per eleggere il Capo dello Stato, ad eccezione della Meloni. Letta aveva posto come prerequisito del Presidente che fosse un convinto europeista. Per troppo tempo è stata solo la destra a definirsi patriota, e non facciamogliene una colpa se gli altri hanno disertato; se è rimasta da sola col tricolore in mano non è perché l’ha usurpato ad altri, ma perché gli altri l’avevano lasciato cadere o l’avevano gettato a terra e calpestato. Il problema, da noi, non è che tutti vogliono essere e dirsi patrioti e dunque nessuno può arrogarsi l’esclusiva: ma tutti sono in fuga dal patriottismo.
Ci sono quattro gradazioni in tema di patriottismo. Quelli che disprezzano il patriottismo, lo considerano roba da canaglie e da fascisti (e per loro le due cose coincidono), e identificano la patria con la guerra, l’odio etnico, le vittime. Poi ci sono quelli che reputano il patriottismo superato nell’età globale, al tempo dell’Unione Europea; magari si dicono vagamente patrioti ma retrospettivi (Letta non ha trovato di meglio per dire cos’è per lui l’amor patrio che riesumare Pertini, così rimarcando che la sua patria è partigiana, è la resistenza, è l’antifascismo).
Terza categoria, i patrioti a chiacchiere, quelli che quando vogliono eludere un problema reale, darsi le arie di anime belle, fare la loro figura e compiacere gli italiani, mandano il pallone nella tribuna della patria e delle Belle Statuine. Infine restano, se restano, i veri amanti della patria, quelli che ci credono davvero e che non si limitano a professare il loro amor patrio ma anche a farlo valere, dentro e fuori d’Italia. Non un sentimento ostile, aggressivo ed esclusivo ma un sentimento positivo, di amore per la propria patria e di rispetto per le patrie altrui. Ad avercene.
Comunque, al Quirinale per avere un patriota forse dovremmo mantenere la sede vacante: bastano i corazzieri ai lati e il ricordo del Milite Ignoto…
MV, La Verità
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