Nicola Furlotti – l Console Italo Vianini si arrese alle 8 di mattina. Quando alla presenza dei Prefetti Cosmi e Caruso, e di Tamburini ricevette per telefono l’ordine del Comandante generale della Guardia Nazionale Repubblicana Renato Ricci, da cui egli dipendeva, di respingere le domande di grazia.
Intanto non si era fermata la macchina della morte. Un certo Nicola Furlotti, ufficiale superiore della notizia, che aveva curato la sicurezza durante il processo di Verona, aveva preparato tutto per l’esecuzione.
I gerarchi furono portati presso il poligono di tiro di Forte San Procolo intorno alle nove del mattino.
Dalle ricostruzioni i condannati si avviarono verso il luogo dell’esecuzione su dei camion con la massima rassegnazione. Solo ed esclusivamente Ciano sembra che abbia perso il controllo imprecando e maledicendo Mussolini pubblicamente.
Un’esecuzione disorganizzata
Fu calmato dal cappellano del carcere, ed anche egli si dovette rassegnare ad un destino ormai inevitabile.
Da come raccontò successivamente in un’intervista lo stesso Furlotti, gli uomini che aveva preparato, circa una trentina di militi, non avevano fissato nulla al terreno cui legare i condannati. Che quindi furono legati semplicemente a delle sedie per poterli fucilare alle spalle.
Durante tutta la notte i preparativi dell’esecuzione erano andati avanti perché l’apparato statale non avrebbe mai ammesso di salvare i condannati.
La disorganizzazione fu abbastanza evidente soprattutto quando non si trovò sul momento nemmeno l’ufficiale che doveva comandare il plotone di esecuzione. Toccò allo stesso Furlotti che protestò più volte. Ma si arrese all’ordine del perfetto Cosmin.
A detta di molti testimoni, la prima scarica di colpi non uccise nessuno dei condannati. Secondo le immagini di un filmato arrivato ai nostri tempi, ci fu la necessità di una seconda fucilazione.
Furlotti dichiarò di aver sparato il colpo di grazia solo a Galeazzo Ciano che, da constatazione dell’ufficiale medico presente, non era ancora morto. Ma le immagini mostrano chiaramente che esplose un colpo anche a danno di Pareschi.
Si concludeva così il processo interno al regime. Qualcuno il conto lo aveva dovuto pagare.
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