Eccesso di Legittima Difesa o Necessità di Riforma?
Il Caso di Villa Verucchio e la Difesa degli Operatori della Sicurezza
La notte di San Silvestro a Villa Verucchio, in provincia di Rimini, è stata teatro di un episodio che ha riacceso il dibattito sulle norme che regolano l’uso della forza da parte delle forze dell’ordine
Il luogotenente dei Carabinieri, Luciano Masini, ha sparato e ucciso Muhammad Sitta, un giovane richiedente asilo egiziano di 23 anni che, armato di coltello, aveva già ferito quattro persone, seminando il panico tra i passanti.
Un intervento che molti hanno definito salvifico, ma che ha aperto una ferita giuridica e morale: Masini è infatti indagato per eccesso colposo di legittima difesa.
Si tratta di un atto dovuto, secondo la magistratura, per accertare i fatti, ma che solleva interrogativi sulla protezione garantita agli operatori della sicurezza quando compiono il proprio dovere
La cittadinanza di Villa Verucchio si è immediatamente schierata a sostegno del carabiniere, organizzando una manifestazione pubblica e avviando una raccolta fondi per sostenere le spese legali di Masini.
Anche a livello politico, esponenti come Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, hanno espresso solidarietà, proponendo una modifica legislativa per evitare l’iscrizione automatica nel registro degli indagati per chi agisce in difesa dell’incolumità pubblica.
Bignami ha sottolineato come l’azione di Masini rappresenti un esempio di professionalità e dedizione, ribadendo che “chi compie il proprio dovere non deve essere indagato”
Ha anche auspicato una condivisione bipartisan sulla necessità di una revisione normativa.
Questo caso paradigmatico evidenzia una problematica che da anni divide l’opinione pubblica e gli esperti di diritto: l’applicazione delle norme sulla legittima difesa e sull’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine. Le cosiddette “scriminanti” che giustificano l’uso della forza tendono, secondo molti, a favorire più i diritti di chi delinque che quelli di chi è chiamato a difendere la comunità.
Non è raro, infatti, che carabinieri, poliziotti o anche cittadini comuni, trovandosi costretti a difendersi da un’aggressione o una rapina, finiscano sotto processo per eccesso di legittima difesa, anche in situazioni in cui hanno agito per proteggere vite umane, spesso in condizioni di pericolo immediato e senza il tempo di valutare a freddo tutte le conseguenze delle loro azioni
Come nel caso di Masini, gli operatori della sicurezza devono decidere in frazioni di secondo, consapevoli che ogni scelta li espone al rischio di una lunga e onerosa battaglia legale. Il magistrato, invece, analizza i fatti con il senno di poi, in un contesto privo della tensione e dell’emergenza vissute dall’agente sul campo.
La Paura di Agire è un Rischio per la Sicurezza di tutti noi
Questa situazione può creare un pericoloso effetto psicologico: il timore di essere indagati o condannati potrebbe paralizzare chi è chiamato a intervenire, favorendo di fatto chi delinque.
È una questione che non riguarda solo il singolo operatore, ma la sicurezza collettiva. Gli aggressori, consapevoli delle limitazioni e delle potenziali ripercussioni legali per chi li fronteggia, possono osare di più, mentre i difensori della legalità rischiano di esitare nei momenti cruciali.
Chi svolge certi lavori è sottoposto costantemente a una pressione psicologica notevole, e lo Stato dovrebbe tutelare chi è chiamato a operare in suo nome, non considerarlo colpevole fino a prova contraria.
Contrariamente a ciò che vale per ogni cittadino, in questi casi l’agente è ritenuto “colpevole di un abuso” e deve giustificarsi a prescindere.
Questo concetto è celato dietro la frase “atto dovuto”
Gli atti, tuttavia, non dovrebbero essere “dovuti”, ma eventualmente richiesti. Se una persona, nel compiere il proprio dovere e per evitare che altre vengano ferite o uccise, ferisce o purtroppo uccide l’aggressore, dove sarebbe l’atto dovuto? In molti altri Paesi, il luogotenente Luciano Masini sarebbe stato convocato dalle autorità per ricevere una medaglia, non per doversi giustificare.
La proposta di Fratelli d’Italia di rivedere le scriminanti per l’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine si inserisce in questo contesto.
Secondo i proponenti, è necessario garantire maggiore protezione legale a chi agisce in situazioni di emergenza per salvaguardare vite umane, soprattutto quando l’evidenza dimostra la correttezza e la professionalità dell’operato
Tuttavia, il dibattito non è privo di controversie. La bilancia della giustizia deve rimanere equilibrata, evitando di introdurre norme che possano essere interpretate come un “lasciapassare” per l’uso indiscriminato della forza.
Sarebbe opportuno, però, prevedere una commissione delle forze dell’ordine per stabilire preliminarmente se esistano i presupposti per un atto dovuto
Ad esempio, in casi come quello del luogotenente Masini, tale commissione potrebbe evitare procedimenti inutili e, anzi, suggerire un encomio per aver evitato il peggio, salvando molte vite di passanti innocenti.
Il caso di Luciano Masini rappresenta un esempio emblematico delle difficoltà che affrontano le forze dell’ordine nel loro delicato ruolo di difensori della comunità
Mentre si attende l’esito delle indagini della magistratura, rimane aperta la questione di come bilanciare la tutela dei diritti dei cittadini con la necessità di proteggere chi, indossando una divisa, si espone quotidianamente a rischi enormi per garantire la nostra sicurezza.
In un contesto in cui le minacce, anche di natura terroristica, si fanno sempre più frequenti, è fondamentale che le norme non diventino un ostacolo per chi agisce a difesa del bene comune
Una riforma ben ponderata, condivisa e rispettosa dei principi di giustizia potrebbe rappresentare un passo avanti per riconoscere e tutelare il sacrificio di chi sceglie di servire lo Stato.
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