ECCO PERCHÉ I DAZI NON CREANO RICCHEZZA
Reindustrializzazione e dazi: un falso ritorno all’efficienza
Nel contesto attuale, la proposta di rilanciare l’industria attraverso politiche protezionistiche — in particolare l’imposizione di dazi sulle importazioni — si sta riaffacciando con forza nel dibattito pubblico ed economico
Tuttavia, per il mondo delle imprese, è fondamentale analizzare questa strategia con realismo, tenendo conto della reale struttura dei mercati e delle filiere internazionali.
Il sistema produttivo globale si basa oggi su catene del valore complesse, interconnessione tecnologica e flussi continui di innovazione e competenze. Le aziende più competitive non si limitano a produrre, ma integrano progettazione, sviluppo, logistica e innovazione in reti internazionali altamente dinamiche.
Introdurre barriere commerciali significa, molto spesso, rompere queste catene, aumentare i costi di approvvigionamento e rallentare la capacità di rispondere al mercato. In altre parole: meno efficienza, meno margini e minore competitività
I dazi, nella pratica, possono anche favorire un ritorno di alcune produzioni a basso valore aggiunto. Ma quale impresa strategica vuole davvero investire nel medio-lungo periodo in contesti rigidi, isolati e poco attrattivi per capitale umano qualificato, ricerca e know-how?
Mentre si cerca di stimolare una presunta “rinascita industriale”, si corre il rischio concreto di perdere proprio quei comparti ad alto contenuto innovativo — farmaceutico, tecnologico, automotive avanzato — che oggi rappresentano il vero vantaggio competitivo delle economie sviluppate
Per le aziende, la sfida non è “produrre tutto in casa”, ma operare in ecosistemi aperti, resilienti e capaci di sostenere l’innovazione.
La vera politica industriale del futuro passa da investimenti in formazione, ricerca, digitalizzazione e alleanze strategiche internazionali
Costruire valore oggi significa integrare, non isolarsi.
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