Ecotassa sulle automobili, una doppia imposizione illegittima

Dal 1° gennaio 2019, se verrà approvata dal Parlamento in seconda lettura, arriverà l’ecotassa per quanti vorranno comprare automobili alimentate a carburante. Incentivi, invece per le auto elettriche ed ibride.

Ad annunciare le nuove norme contenute nella manovra, una nota congiunta del sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti, Michele Dell’Orco, e il sottosegretario allo Sviluppo economico, Davide Crippa. “Con l’approvazione di un emendamento alla legge di Bilancio – si legge – è stato introdotto per la prima volta in Italia un contributo per l’acquisto di autovetture, basato sul meccanismo del bonus/malus ecologico”.

Dall’inizio del prossimo anno e per i successivi tre anni, spiegano quindi Crippa e Dell’Orco, “chi acquisterà e immatricolerà in Italia un’autovettura nuova elettrica, ibrida o alimentata a metano, si vedrà riconosciuto un contributo economico fino a 6mila euro, calcolato sulla base della CO2 emessa per chilometro. Chi, invece ne comprerà una nuova alimentata con carburanti più inquinanti, dovrà pagare un’imposta che, anche in questo caso, sarà legata alle emissioni di CO2 del veicolo”.

Per un appassionato di motorismo, e nello specifico di motorismo d’epoca, evocare spettri di abolizione del motore alimentato ad idrocarburi costituisce un immenso dolore.

Taccio sulla strumentalità dell’addossare la colpa dell’inquinamento atmosferico ai soli motori endotermici, quando il problema è ben altro.

Non voglio scadere nella banale evidenza dalla mera riallocazione dell’inquinamento nel caso di impiego motori elettrici (l’energia elettrica nostrana è nella maggior parte prodotta da impianti ad idrocarburi, con l’effetto che l’inqunamento atmosferico dai centri urbani verrebbe solo allontanato), o al difficile processo di smaltimento delle batterie, volerò più tecnico e più romantico.

Dal punto di vista squisitamente tecnico-giuridico, il meccanismo di tassazione sarebbe basato sulle quantità di emissioni del veicolo, escamotage puerile che non fa che ricondurre la tassazione alla cilindrata del motore: leggi fisiche impongono che, a parità di normativa europea di emissione, motori più “grossi” inquinano maggiormente: come un polmone più grande respirando emette più anidride carbonica, inspirando più ossigeno.

Ma una tassa sulla cilindrata, sulla potenza in KW, esiste già, ed è il “bollo”, la tassa di possesso.

Si incorre chiaramente in una duplicazione della base imponibile individuata nella cilindrata del mezzo, e per essa vige il divieto della doppia imposizione, un principio cardine del nostro sistema tributario, che serve ad evitare che lo stesso reddito venga tassato più volte, a mero esempio previsto nella disciplina delle imposte dirette dall’art. 163 DPR 917/1986 (da adesso TUIR).

Questa riflessione getta forti dubbi sulla genuinità degli intendimenti del governo, nella sua componente penta stellata, tesi più a fare cassa, che a ripulire la nostra aria

Ma, oltre ai dubbi di antigiuridicità del nuovo balzello, sinistramente evocatorio di rivolte d’oltralpe, è la filosofia che sta alla sua base che mi più mi interessa, disgusta e fa inorridire.

Uno stato-padrone mi impone scelte “etiche”, tese al pauperismo, al livellamento in basso, frustrando naturali pulsioni di miglioramento della propria condizione.

La visione di tutti con l’utilitaria ibrida a 50 km/h in autostrada mi evoca scenari da DDR con la Trabant (quella sì inquinante): un ingrigimento della condizione sociale di chi ha legittime aspirazioni di elevazione del proprio status, con effetti deleteri sul progresso, sociale ed economico di questo martoriato paese.

Se tutti dovremo avere la stessa auto, gli stessi vestiti, fino a mangiare le stesse verdure, chi ce la farà fare di studiare, lavorare, progredire? Frustrando le legittime aspirazioni individuali, ci avviteremo in un eterno presente di piatta quotidianità egualitarista.

E le masse ridotte ad individui senza aspirazioni, bovinamente orientate e controllate anche nel loro pensiero, sono facilmente manipolabili: ne sanno qualcosa coloro che disgraziatamente sono nati nei paesi del blocco sovietico fino agli anni ’80.

Ma al di là di discorsi dottrinali socio-politici, voi avete mai guidato un’auto elettrica?

Fila via in un sibilo mortificante, non ha marce, non ha frizione. Un’eterna progressione silenziosa, eterna si fa per dire, visti gli evidenti limiti di autonomia, che costringono a ricariche lunghe e finiranno per aumentare la richiesta di energia elettrica, con l’inquinamento che ne conseguirà, o all’asservimento maggiore a paesi esteri che la producono con metodi più efficienti e paradossalmente più ecosostenibili.

Oppure avete mai guidato un’auto ibrida?

Questo concentrato di tecnologia impersonale, che assomma gli svantaggi di un’alimentazione a benzina a quelli dell’elettrica, si accende, accelera al minimo, si spegne e passa all’elettrico in autonomia, esclude la volontà del guidatore, ridotto a mero trasportato, a passeggero ignaro di ciò che succede. Non è modificabile, non mi permette di sporcarmi le mani d’olio la domenica mattina per affinarne le prestazioni e renderla propria.

Lontana anni luce dalla poesia di quel mistero chimico, fisico e meccanico, grondante olio minerale, che avviene in un motore a combustione interna; al rombo sfacciato di un pistone che libera la sua potenza. Alle alchimie della carburazione, al senso di libertà e padronanza della trasmissione manuale.

Ma tant’è, ci vogliono tutti dipendenti dalla tecnologia, possibilmente uniformati, tendenzialmente lobotomizzati e ripetenti la vulgata dominante, auspicabilmente vegetariani o entomofagi, senza passato, senza futuro, racchiusi e chini nella solitudine di schermi connessi alla nostra inutilità.

Il sogno di ogni regime, invero, dove l’individualismo è sacrificato sull’altare del “bene comune”, i cui interpreti e sacerdoti sono intoccabili ed inarrivabili.

A questo inquinamento dell’anima oppongo un fiero scatto di orgoglio endotermico; al fischio elettrico “ecosostenibile” preferisco un impertinente e rauco scappamento, magari cromato, magari sdoppiato: una sinfonia di libertà.

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