L’otto di settembre presentò varie drammaticità. Ma una delle meno ricordate fu quella provocata dal tentennamento nel governo italiano che aveva contratto la resa.
Il governo di Badoglio continuava ad esitare nel rendere pubblico l’armistizio ed il passaggio di fronte di fatto che l’Italia aveva effettuato a Cassibile, nonostante gli alleati lo continuassero a chiedere. Questo provocò ulteriori sofferenze al paese.
Nei giorni precedenti gli alleati avevano intensificato i bombardamenti, sperando di convincere il governo italiano, a mettere in atto la svolta concordata. Ma Badoglio non decideva, restava totalmente ignavo.
L’otto settembre il generale Eisenhower si spazientì, comunicando egli stesso alla radio che gli italiani si erano arresi.
Né seguì uno sconvolgimento generale per causa del quale il maresciallo Badoglio fu costretto a parlare alla radio confermando l’armistizio.
“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.
Le parole del re
La mattina stessa il re aveva garantito agli alleati tedeschi la lealtà verso gli impegni assunti. Chiaramente i tedeschi da tempo non si fidavano più del monarca italiano. Le divisioni tedesche affluite in Italia erano pronte ad intervenire in ogni momento.
Il proclama di Badoglio non bastava di per sé a tenere unito l’esercito ed prendere in mano la situazione. Al programma doveva seguire una difesa di quello che restava del territorio nazionale. Un’opposizione coordinata ai tedeschi nell’attesa che gli alleati avessero potuto congiungersi con le forze armate italiane.
L’Italia doveva assolutamente mantenere in piedi lo stato e le forze armate per sperare di salvare se stessa almeno in parte.
Ancora di più Vittorio Emanuele III ed il primo ai ministro Badoglio dovevano assolutamente tenere in piedi l’esercito e lo stato. Per poter essere considerati dagli alleati rappresentativi di un paese vinto ma almeno esistente, realmente operante.
Il salvataggio di quello che rimaneva della struttura paese e delle forze armate doveva essere una priorità necessaria in quel drammatico momento.
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