La festa nazionale della Spagna cade il 12 ottobre, ricorrenza del giorno in cui nel 1492 Cristoforo Colombo scopriva le Americhe per conto della Corona spagnola. Lo scorso 12 ottobre, in quella solenne festività, nella plaza de toros di Las Ventas di Madrid, la più importante della Spagna e la terza più grande del mondo, alla presenza della sua fidanzata diciannovenne, la nipote del Re di Spagna, seduta nella tribuna VIP, il giovane torero Gonzalo Caballero, 27 anni, al suo rientro nell’arena dopo uno stop forzato di molti mesi a causa di un incidente alla corrida della fiera di San Isidro, è stato violentemente incornato prima alla coscia sinistra e poi all’inguine dal secondo toro della serata, cui aveva appena inserito la spada dietro la nuca.
Soccorso in un’atmosfera di gelo e angoscia sugli spalti, è stato operato dal chirurgo capo della plaza de toros di Las Ventas, Máximo García Padrós (col quale aveva brindato poco prima, per ringraziarlo delle cure prestategli nel primo incidente, e il dottore gli aveva augurato, purtroppo senza successo, di non rivederlo più varcare la porta della sua infermeria), e dopo un intervento di due ore un membro dell’équipe medica ha descritto le due “barbariche” – così le ha definite – ferite di 30 e 25 centimetri, con quest’ultima che ha provocato la rottura dell’arteria femorale e di vasi collaterali.
La situazione di Gonzalo Caballero si è mostrata subito «particolarmente grave per la tremenda perdita di sangue», da uno a due litri, cominciata proprio al momento della lacerazione dell’arteria femorale. Dopo la prima operazione, il giovane torero è stato portato all’ospedale San Francesco d’Assisi di Madrid, dove ha subito un altro intervento di più di tre ore. Ricoverato in terapia intensiva, è stato sedato e intubato dopo essere stato sottoposto alla trasfusione di sei sacche di plasma e aver ricevuto l’impianto di un bypass femorale. La prognosi resta riservata e si temono complicazioni ai reni vista l’ingente quantità di sangue trasfuso, che può provocare infezioni, ma si spera sulla scorta della giovane età del torero.
Si diceva del suo fidanzamento, nato due anni fa, con Victoria Federica de Marichalar y de Borbón, la nipote del Re. Un legame nato proprio perla comune passione per antiche tradizioni, sempre più vibratamente contestate in patria, come la Corrida. Considerata una “principessa ribelle” per il suo carattere inquieto, Victoria ha d’altronde ereditato la passione per la corrida proprio dalla madre Elena e dal nonno Juan Carlos, una passione coltivata accompagnando prima alle corride della festa nazionale spagnola (una ricorrenza snobbata, perché ritenuta superata, da molti della famgia reale) il fratello, anche lui torero, e poi assistendo alle prodezze del fidanzato.
Il grave incidente a Caballero, che dalle ultime notizie risulta essere uscito dalla stato di sedazione e respirazione artificiale e che pare avere un “leggero miglioramento”, è l’ennesimo episodio che farà discutere ancora più accesamente l’opinione pubblica spagnola circa la legittimità o meno della corrida. La madre di Gonzalo gli ha inviato un messaggio pubblico dove esprime tutto il suo amore per il figlio, e nei commenti al messaggio il torero viene definito «un vero campione». Sentimenti nobili e naturali quelli della Madre e dei suoi sostenitori, ma forse è lecito chiedersi in virtù di cosa, dopotutto, un torero sarebbe un vero campione. Domanda che per l’appunto aprirebbe di nuovo la lunga e finora infruttuosa discussione, spesso fanatica, tra sostenitori e oppositori della corrida. Una discussione in cui sembra che lo spettacolo stesso della corrida non sia al centro della questione ma, come dimostra l’atteggiamento provocatoriamente “conservatore” della giovane fidanzata coronata del torero, dipenda piuttosto da uno schieramento ideologico.
Risulta inoltre abbastanza misterioso come, nonostante l’accresciuta sensibilità, in ogni settore, versoi diritti degli animali, questi stessi diritti risultino così facilmente conculcabili e conculcati nelle corride, dove il toro è, con ogni evidenza, una mera vittima sacrificale che, nel caso in cui porti a segno una cornata, è abbattuta quasi si riparasse a un’ingiustizia, come se un animale destinato alla morte non avesse, per sua natura, l’istinto a difendersi.
Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”