Biden negli Stati Uniti è apparso in conferenza stampa soddisfatto e presidenziale.
I media osannano il vincitore e i leader europei scodinzolano e fanno a gara per congratularsi con il Democratico, dando per scontato un esito che scontato non è.
Gentiloni poi si abbraccia da solo, ma questi aspetti onanistici della politica del PD non ci interessano.
Rimaniamo ad analizzare le cose serie.
Riconteggi dei viti sono stati annunciati in Pensylvania, Georgia, Wisconsin e Nevada, altri seguiranno.
I termini ultimi per tali riconteggi vanno dal 24 novembre al 1 dicembre, a seconda dello Stato.
Il precedente
Elezioni presidenziali del 2000: Al Gore è proclamato vincitore e Presidente, Bush jr viene sconfitto per pochi voti.
Il giubilo, e le testate giornalistiche in testa inneggiano al cambiamento.
Sappiamo poi come è andata a finire: ricorso alla Corte Suprema, riconteggio in Florida ed elezione di Bush.
Le pressioni di Donald Trump
Come era facilmente prevedibile le pressioni su Trump di accettare l’esito del voto si fanno sempre più forti.
Richiami alla “responsabilità” e al “bene del paese” si sprecano, come se il Donald dovesse recedere ai suoi intenti di ricorsi solo per le preghiere frignate o le velate minacce di ripercussioni.
Dai leaders politici alle star di Hollywood e della musica la litania è unanime.
Questo l’esempio di Lady Gara ma se ne potrebbero fare migliaia.
Le minacce
Michelle Obama ha insultato i settanta milioni di americani, neri e ispanici compresi, che avrebbero votato per l’odio ed il caos, cioè per Trump.
Dalle intimidazioni a sguinzagliare BLM e Antifa a continuare le opere si imbrattamento e saccheggio delle città Usa, il passo sarà breve.
A questo si aggiungeranno le minacce di guai giudiziari e persecuzioni alla famiglia Trump, con una promessa di immunità se dovesse ritirarsi.
Ed invece di attribuire la responsabilità di tali disordini ai Democratico, come sarebbe ovvio, si farà a gara per incolpare Trump, che non china la testa ad elezioni quantomeno sospette.
Voti per posta di morti, una cittadina che ha votato 190.000 volte, pacchetti di voti per Biden apparsi nella notte del 3 novembre, queste solo alcune delle accuse dello Staff Repubblicano.
Che comunque non sono valse la vittoria al senato, che rimane saldamente in mano repubblicana.
Ne fa un esauriente riassunto l’onorevole Picchi qui.
Donald non si farà intimidire
Qualunque siano gli ordini ed i livelli di minaccia, Trump non si farà intimidire.
Non lo farà per carattere, per convinzione, e perché, anche se dovesse andare tutto male, lui sta già lavorando alle elezioni presidenziali del 2024, per sé o per qualcuno della sua famiglia, che in questi quattro anni ha studiato da presidente, come Ivanka.
Comunque sia il sistema statunitense, incentrato su “pesi e contrappesi” ha rigide statuizioni anche in caso di vittoria contestata.
Un sistema atipico ma funzionale, basti pensare che si vota per il Congresso ogni due anni, rinnovando solo parti di esso, in modo da avere sempre garantita una attuale e reale rappresentanza.
Sapientemente mescolata a quella di due anni prima.
Pesi e contrappesi
Il principio individualista statunitense è orientato ad uno scetticismo realista verso il potere, verso chi è al governo in quel momento.
Tutte le istituzioni e le norme che che le regolamentano sono incentrate a smussare l’enorme potere che il Presidente ha.
Così i giudici della Corte suprema sono a vita, di nomina presidenziale sì, ma ratificati dal Senato, in modo che le varie amministrazioni presidenziali lascino solo un segno non dominante in essa. Che è quindi espressione di più amministrazioni, che nel tempo si avvicendano.
I prossimi appuntamenti
Martedì 8 dicembre, sarà il termine ultime per risolvere le dispute.
Entro questa data dovranno essere concluse le eventuali controversie, a partire da quelle sul voto per posta poste dalla campagna di Trump. Il termine vale anche per l’eventuale riconteggio dei voti nei singoli Stati, per le cause nei tribunali e per l’eventuale ricorso alla Corte Suprema.
Corte suprema che è nettamente a controllo repubblicano, 9 giudici a 6.
Lunedì 14 dicembre voteranno i grandi elettori.
Spetta al collegio elettorale formato da 538 grandi elettori.
Ogni candidato, Stato per Stato, ha scelto quali grandi elettori dovranno rappresentarlo nel collegio.
Questi si incontreranno ciascuno nel proprio Stato e voteranno per il candidato che li ha scelti. I grandi elettori che lo tradiscono (caso raro) vengono chiamati “elettori infedeli”.
Domenica 3 gennaio si insediera’ il Congresso.
Il 117esimo Congresso debutterà prima del presidente: Camera dei Rappresentanti (a maggioranza dem) e Senato (ancora a maggioranza repubblicana) si insedieranno il 3 gennaio 2021 a mezzogiorno.
Se a questo punto le controversie circa l’elezione del Presidente non saranno risolte, la Camera dei Rappresentanti sarà chiamata alla sua elezione.
Ne l frattempo ci sarà stata la transizione, il processo per il trasferimento formale dei poteri dal presidente uscente al presidente eletto, se sarà un nuovo presidente ovviamente.
Questo processo avviene solitamente tra la proclamazione del nuovo presidente e l’Inauguration Day, data dell’insediamento alla Casa Bianca. Se ne occupano i ‘transition team’ dei due candidati.
Il 20 gennaio mercoledi sarà l’Inauguration Day.
Il presidente inizierà il suo mandato presidenziale il 20 gennaio 2021, alle ore 12 in punto con la cerimonia del giuramento a Capitol Hill, sede del Congresso americano, in genere alla presenza degli ex presidenti.
Chi sarà è ancora lunga da vedere.
avvenendo.
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