Il governatore della Toscana Enrico Rossi nei giorni scorsi aveva lanciato la quarantena volontaria per i 2500 cittadini cinesi tornati dalle celebrazioni del Capodanno in patria, tacciando di razzismo ed ignoranza chi gli faceva notare che l’ideologia nulla può contro il coronavirus, persino virologi di fama come Roberto Burioni.
Era lecito ed auspicabile attendersi parole più elevate culturalmente e politicamente da chi ha in mano le sorti di una regione, ma tant’è.
Alle nuove argomentazioni del virologo Burioni e la reprimenda del governo centrale, il governatore toscano ha dovuto capitolare.
Oggi la sua arroganza è stata sbugiardata dalla realtà: il Coronavirus è nel nostro paese, e la flebile posizione di Enrico Rossi, una posizione ideologica ed intransigente, è stata frettolosamente abbandonata.
Oggi, infatti, è stato dato lo stop all’ambulatorio Lilla dell’Osmannoro e le 161 famiglie cinesi tornate dalla madre patria sono in quarantena obbligatoria e monitorate dall’Asl Toscana centro.
Ad appena quattro giorni dall’apertura, chiude l’Ambulatorio Lilla allestito all’Osmannoro, per eseguire i test volontari a cittadini di rientro dalla Cina con sintomi compatibili con quelli del Covid-19. Rimarrà un semplice punto medico. Una foglia di fico per dire che è stato un fallimento: tre i tamponi effettuati, tutti negativi.
“Con l’entrata in vigore della nuova circolare ministeriale, saremo noi ad andare a fare il tampone da chi presenta sintomatologie: quello dell’Osmannoro non è più un ambulatorio ma rimane un punto medico“, ha spiegato nel corso di una conferenza stampa Renzo Berti, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asl Centro.
“Da oggi poi – ha proseguito Berti – è attiva la ‘procedura d’isolamento domiciliare fiduciario’ per chi rientra dalla Cina, persone che “hanno l’obbligo di chiamare il numero unico aziendale, 055-5454777“, istituito dalla Asl Toscana centro in conformità a quanto previsto da una nuova ordinanza regionale.
Già, perché richiamato all’ordine dall’ordinanza emanata dal ministro della salute Roberto Speranza, il presidente Enrico Rossi, insieme all’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, ha dovuto firmare un’ordinanza regionale, nella quale adegua, e di fatto si rimangia, i precedenti provvedimenti già assunti.
L’ordinanza regionale: “Misure organizzative ed attuative dell’ordinanza del Ministero della Salute del 21 febbraio 2020 contro la diffusione della malattia infettiva COVID-19”, dopo un’ampia premessa che tenta di salvare la faccia della Giunta Toscana, in pratica istituisce il numero unico aziendale attivo dalle ore 8.00 alle ore 20.00 e dalle 20.00 alle 8.00 con casella di segreteria, con traduzione in lingua cinese, al quale i soggetti che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19, ovvero coloro che, negli ultimi 14 giorni, abbiano fatto ingresso in Italia dopo aver soggiornato nelle aree della Cina interessate dall’epidemia, come identificate dall’OMS.
Per tali soggetti che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19 è disposta dall’azienda sanitaria territorialmente competente la misura della quarantena con sorveglianza attiva.
Solo per i soggetti che, negli ultimi 14 giorni, abbiano fatto ingresso in Italia dopo aver soggiornato nelle aree della Cina interessate dall’epidemia l’azienda sanitaria adotta la misura della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.
Una nuova ordinanza regionale integrativa prevede all’ingresso dei pronto soccorso percorsi dedicati per i pazienti che manifestano febbre, tosse o sintomi respiratori. Un appello ai cittadini a limitare quanto più possibile l’accesso alle strutture sanitarie.
Nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a conclusione della riunione di stamani in Palazzo Strozzi Sacrati tra il presidente Enrico Rossi, l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, i direttori generali delle aziende sanitarie toscane e una parte della task force regionale tra cui il dottor Mauro Ruggeri, rappresentante dei medici di medicina generale nella task force regionale, il dottor Simone Magazzini, responsabile del pronto soccorso dell’ospedale di Prato, la dottoressa Grazia Luchini, direttore sanitario della Aou Pisana, il dottor Gian Maria Rossolini, responsabile del laboratorio di virologia e microbiologia di Careggi, a dispetto della soddisfazione di maniera e di facciata, serpeggiava il malcontento e la preoccupazione.
La marcia indietro è stata quindi totale, ci auguriamo che il dietrofront non sia troppo tardivo.
La verità è che quando l’ideologia prevale sul buon senso e sulla salvaguardia della salute pubblica, il giudizio sulla classe politica non può che essere impietoso.
Ma anche rivelatore.
Rivelatore di una mentalità che tende a mistificare e distorcere la realtà, che antepone le proprie convinzioni quasi religiose alle impellenti necessità del quotidiano.
Predicare di usare mezzi pubblici, frequentare luoghi affollati, abbracciare i cittadini cinesi di ritorno dai focolai in patria, farsi fotografare con involtini primavera non cambierà la virulenza di un morbo che vola ad una quota diversa.
Non ci piacciono le strumentalizzazione di chi cavalca la legittima paura per tornaconti elettorali, ma non possiamo tacere di fronte alla insipienza di una politica che per non apparire “razzista” non pone in essere le più elementari regole di salvaguardia. Domani il problema ulteriore sarà l’Africa ed il focolaio che inesorabilmente si propaghera’ nel continente nero per la sua debole, o inesistente, struttura sanitaria. E sarà tempo di altre decisioni impietose.
L’ossessione di vedere razzismo ovunque di esponenti della sinistra intransigente, giunge alla paura di essere razzisti loro stessi, la mania di credere che il fascismo sia l’unico pericolo è onestamente patologico.
E a ben vedere nemmeno fondato: non sono solo i cittadini cinesi che devono stare in quarantena, ma chiunque sia tornato da aree a rischio, che abbia gli occhi a mandorla o a palla, che abbia il colore della pelle bianca, verde e blu o a pallini amaranto.
Augurando sinceramente la migliore salute e lunga vita ad Enrico Rossi e la sua compagnia, vorremmo però vederlo visitare i luoghi più multietnici cinesi adesso, ora che vi è rischio, ora che non è scontato.
Ora sarebbe un segnale di coerenza, di fede nelle proprie idee ossessive ed errate.
Ma si guadagnerebbe l’onore delle armi ed il rispetto, altrimenti rimarrà il dubbio che fosse solo una mera strumentalizzazione politica, al pari di chi punta il dito contro i porti aperti.
Per idee in cui si crede davvero si è disposti a rischiare ed anche a morire, se necessario, così si dimostra il proprio valore e quello delle proprie convinzioni, come insegnava Ezdra Pound.