Facebook ha superato i 2,5 miliardi di utenti attivi al mese, poco meno della metà della popolazione mondiale. Non tutti vantano gli stessi diritti, tuttavia. Il social è intollerante verso le altrui opinioni, se discordanti con il pensiero unico, non è disposto ad accettare che un essere umano nasca con un nome ed un cognome, se questi non sono aprioristicamente graditi al Grande Fratello del Terzo millennio. Nessuno può dissentire. Non c’è Costituzione democratica che tenga, per il Leviatano made in USA che ci ha stipato nel fortino informatico della Silicon Valley.
Lui ci controlla, in perfetto stile orwelliano, e censura. Senza appello. Finire nel buco della memoria è un’attimo, specialmente se il tuo cognome è “Mussolini”. Il reato di cognome è gravissimo, la punizione deve essere esemplare – così che anche gli altri capiscano. Il signor Caio Giulio Cesare Mussolini quindi non ha diritto di chiamarsi così, punto. Discorso chiuso, profilo anche.
Che non si metta in testa, poi, di esprimere un’opinione, perché la rimozione è immediata. Un click e tutto sparisce. Nessuna pietà per chi si macchia del reato di opinione; lo psico-reato per eccellenza. La realtà ha superato la fantasia: il Grande Fratello immaginato da George Orwell nel suo capolavoro, 1984, non dominava nei Cinque Continenti, come Facebook nel 2019.
Caio Giulio Cesare Mussolini è un uomo di 50 anni, con un passato nella Marina Italiana – con tanto di giuramento alla Repubblica – a cui fa seguito una carriera di alto profilo (appunto) in Finmeccanica, per arrivare ai giorni nostri, nei quali è candidato per il Parlamento europeo nella circoscrizione Sud con Fratelli d’italia.
Tutto nella norma; non secondo Facebook. Al signor Mussolini non è concesso di avere il cognome che porta dalla nascita, non può esprimere pareri, né, tantomeno, invitare gli elettori ad a votarlo. Una discriminazione nominale, quella del Grande Social, che è iniziata subito con il rifiuto di far creare a Caio Mussolini un profilo personale, è proseguita con la rimozione dei commenti e di una sua foto scatta nel quartiere Eur di Roma, per finire con il divieto assoluto di formare l’hashtag #scrivimussolini.
La violenza discriminatoria del social network non conosce limiti, e non accetta obiezioni. Chissà, magari un giorno il patron Zuckerberg creerà i primi social distinti: uno per gli esseri umani nominalmente graditi, l’altro per gli indegni nominali – innalzandosi così a nuovo paladino di una differenza senza senso, come quella tra bianchi e neri, che per tanti anni ha infangato la democrazia d’oltreoceano.