Farmacie Comunali e politica a Firenze

Farmacie Comunali e politica a Firenze

È etico per una partecipata contribuire alle elezioni ?

A Firenze, negli ultimi giorni, è scoppiato un caso che merita attenzione, soprattutto da un punto di vista etico.
Durante la campagna elettorale della nuova sindaca Sara Funaro, è emerso che tra i finanziatori c’era anche Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca Group e, soprattutto, presidente delle Farmacie Comunali, una società partecipata dal Comune. La sua donazione è stata di 20.000 euro.

Ora, sia chiaro: tutto è stato fatto nel rispetto delle leggi

Le donazioni sono trasparenti, dichiarate e pubbliche. Ma questo non basta a togliere di mezzo una domanda legittima: è opportuno che chi guida una società pubblica, legata al Comune, finanzi un candidato sindaco che – se eletto – continuerà ad avere influenza su quella stessa società?

L’opposizione, con la Lista civica Eike Schmidt, ha subito sollevato dubbi. E non solo per questa donazione

Altri finanziatori della campagna di Funaro, infatti, occupano ruoli chiave in settori in cui il Comune ha interessi diretti. Il timore è che ci sia un intreccio pericoloso tra politica e gestione delle risorse pubbliche. Una zona grigia dove diventa difficile capire dove finisce l’interesse pubblico e dove comincia quello privato – o politico.

La maggioranza ha bollato tutto come “polemiche pretestuose”

E probabilmente, sul piano formale, ha ragione. Ma non si tratta solo di rispettare la legge. Qui il punto è un altro: è giusto che una partecipata, cioè un’azienda di cui il Comune è proprietario, possa avere un piede anche nella politica attiva?

Chi ha una visione liberale dell’economia e della politica parte da un principio semplice: queste aziende non dovrebbero proprio esistere

Non è compito del Comune gestire farmacie (o altre attività economiche). È un’anomalia italiana, un’eredità pesante che troppo spesso apre la porta a clientelismi, inefficienze e, come in questo caso, conflitti d’interesse.

Il pubblico dovrebbe fare il regolatore, non l’imprenditore. E se una società pubblica comincia a finanziare campagne elettorali, anche solo attraverso chi la guida, allora il problema è serio. Perché c’è un legame diretto tra potere economico e potere politico. E in democrazia, quei due poteri dovrebbero restare separati.

Questo caso, insomma, non va ignorato. Non è solo “una donazione come tante”

È lo specchio di un sistema che ha bisogno di essere rivisto. Serve più trasparenza, ma soprattutto serve una riflessione seria: le partecipate, così come sono oggi, sono davvero compatibili con una buona amministrazione?

Forse è il momento di iniziare a rispondere “no” e cominciare a ripensare il sistema della partecipazione pubblica in ambito privati, non solo per questo motivo ma anche e soprattutto per motivi di carattere economici non di rado infatti le partecipate spesso sono motivo di spesa pubblica non sempre per usare un’ eufemismo ” virtuosa “.

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