Fast food e centri commerciali battono musei, la triste realtà della Fase 2
Durante i primi due giorni di fine lockdown, gli italiani hanno disertato i musei ma hanno assaltato l’Ikea e McDonald’s. Per vedere le code ai musei dovremo dunque aspettare i turisti stranieri?
Riportiano alcune riflessioni di finestresullarte.info che condividiamo in modo assoluto. Ci lamentiamo, giustamente, dell’inadeguatezza della nostra classe politica, ma come cittadini cosa stiamo facendo per imparare a scegliere meglio?
Sono trascorse molto tranquille le prime tre giornate di fine lockdown per i musei italiani che hanno riaperto tra lunedì e martedì. Sono molti gli istituti che hanno di nuovo accolto il pubblico. Tra di essi ce ne sono alcuni decisamente importanti: la Galleria Borghese di Roma, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, i Musei Capitolini, il Poldi Pezzoli di Milano, la GAM di Milano, il Centro Camera di Torino, il Madre di Napoli e il MAMbo di Bologna. Tutti però, parlano di pochi visitatori e pubblicano sui loro profili social fotografie di sale vuote.
TUTTI AL FAST FOOD
Gli italiani, purtroppo, non hanno dimostrato tutta questa voglia di popolare i propri musei. Al contrario, già lo scorso 4 maggio, ovvero all’inizio della cosiddetta “fase 2”, avevamo scoperto di essere voraci divoratori di hamburger e patatine fritte. Lunghe code si erano create davanti ai McDonald’s che consentivano il servizio da asporto: probabilmente, gli esperimenti culinari che hanno trasformato gli italiani in un popolo di panificatori e che hanno azzerato le scorte di lievito del Paese, si sono rivelati fallimentari. I nostri compatrioti si sono così abbandonati ad una malinconica resa a suon di BigMac e Coca-Cola formato medio (con dentro il solito mezzo chilo di ghiaccio come da prassi).
TUTTI IN CODA ALL’IKEA
Invece, in questi primi giorni di riconquistata libertà, le code si sono viste (in tutta Italia, come testimoniano le fotografie degli utenti dei social) davanti a un preciso esercizio commerciale: l’Ikea. Lunghissimi serpentoni con visitatori tutti distanziati e mascherina all’Ikea dell’Anagnina a Roma, a quella di Collegno, a Brescia e ovunque su e giù per il paese. Dalla Brianza fino a Catania.
Quale irrefrenabile impulso avrà spinto i nostri connazionali a utilizzare le prime preziose ore di libertà per fiondarsi come falchi nei celeberrimi magazzini di mobili low cost? Forse, una necessità primaria: a causa della convivenza forzata twentyfour/seven, molte coppie, finito di scagliarsi piatti a vicenda e avendoli rotti tutti, avranno preso a lanciarsi le sedie, dovendo dunque rinnovare il loro parco arredi con una pratica sedia Svenbertil o con una comoda poltrona Grönlid. Oppure, perché molti mariti e fidanzati devono essersi comportati male e hanno pertanto dovuto scontare una tremenda punizione inflitta dalle compagne, resa ancor più insopportabile dalla tortura di dover stare in coda qualche ora con l’idea di entrare in un’Ikea. O semplicemente perché tra le passioni degli italiani figura quella, insospettabile fino a prima della pandemia, per la mobilia svedese a basso costo.
CENTRI COMMERCIALI BATTONO MUSEI
Dunque, com’era ampiamente prevedibile, centri commerciali battono musei con un doppio 6-0. Vogliamo però fornire un appoggio ai musei: evidentemente i loro tour virtuali e i loro video social sono stati così convincenti da aver appagato la voglia d’arte di molti. Gente che al contrario non ha saputo resistere all’affascinante e suadente richiamo del compensato leggero e delle matitine da imboscarsi. Molti, del resto, avranno pensato di non aver bisogno di vedere dal vivo un dipinto di Caravaggio o una scultura di Bernini. Basta osservare in una foto o in una stories di Instagram, mentre invece un comodino con un improbabile nome da olimpionico scandinavo di sci di fondo richiede obbligatoriamente un’irrinunciabile presenza de visu durante il primo giorno del déconfinement.
Certo i musei non devono essere messi in competizione con i centri commerciali, e lungi da noi questa idea. Se una persona intende passare tutto un sabato pomeriggio dentro un centro commerciale, forse non fa parte neanche del pubblico potenziale dei musei. Però il fatto che l’Ikea sia stata il sogno proibito del “lockdown”, la prima meta in testa alla lista delle priorità di tanti italiani che hanno addirittura sentito l’esigenza di mettersi in coda per entrarci, forse ci aiuta a comprendere perché in un anno (l’Istat conferma) solo 3 italiani su 10 entrano in un museo. Forse, per tornare a vedere le code davanti ai nostri luoghi della cultura toccherà aspettare i turisti stranieri?
RIFLETTIAMO, PERFAVORE
Si concludono, giustamente, con questa domanda colma di malinconia le consideazioni trovate sulla celebre testata che si occupa di arte. Noi, dal canto nostro, vogliamo provare a lanciare un appello: visitare i nostri musei non è un semplice passatempo. E’ un esercizio culturale fondamentale per capire chi siamo, da dove veniamo e dove dobbiamo andare. E’ nutrimento per lo Spirito, senza il quale non è possibile raggiungere la piena consapevolezza di noi stessi. Nei prossimi giorni riapriranno altri importanti musei, provate a dedicargli una giornata. Vi riscoprirete eredi di una tradizione plurimillenaria fatta di straordinaria bellezza, incredibili scoperte e primati in ogni campo dello scibile umano. E’ questo, in reltà, il popolo italiano. E’ proprio questo ciò che vogliono che non vi ricordiate. Ci vogliono senza storia e privi di idenità, così da poterci controllare attraverso una classe politica che, in altre epoche, degli Uffizi non avrebbe potuto amministrare neanche i bagni.
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