Alessandro Mahmood ha vinto il Festival di Sanremo. Rectius, la giuria lo ha fatto vincere. Perché con i risultati del Televoto il premio lo avrebbe visto con il binocolo siderale.
Il giovane Mahmood si è piazzato primo, nonostante il misero 14,1% dei consensi degli spettatori. Ultimo, con il suo 45,6%, siede invece in fondo al podio, in nomen omen. Che nessuno si permetta di obiettare. Siamo in democrazia, quindi il terzo deve arrivare primo, e se qualcuno fiata è razzista. Chiaro?
Alessandro ha origini egiziane ma di questo direi che alla stragrande maggioranza delle persone che da casa ha espresso un voto non importasse granché, sono state valutate le canzoni e non di certo il cantante, le sue origini ed estrazioni culturali. Il periodo storico è quello che è, tuttavia.
Miss Italia deve essere nera, il cantante che vince il Festival della canzone italiana _ – almeno per metà – nord-africano, il corazziere che fa gli onori di casa a Salvini, nerissimo; il presentatore a Sanremo avrebbe dovuto essere Carlo Conti, altro che quella mozzarella di Bisio. Una vergogna. Carlo, se fai un bel ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, vedrai che lo vinci.
A cosa serve quindi mandare centinaia di migliaia di sms (a pagamento) che decretano un vincitore assoluto con un distacco abissale dal terzo, se poi qualcuno calpesta completamente il giudizio popolare? I fischi in sala durante la lettura della classifica sono emblematici.
La nuova ondata di politically correct e di sensibilizzazione obbligatoria ricordano tanto il concetto sovietico di rieducazione, con tanto di risultato opposto a quello desiderato.