La nostra città è animata da un ricorrente dibattito e da continue polemiche sulla salvaguardia del centro storico. In molti ritengono che il comune debba dotarsi di strumenti che consentano di vincolare e limitare sempre di più la libertà economica in nome di una conservazione della bellezza e dell’identità di Firenze.
Per larga parte della storia della città, in verità, nessuno ha potuto aprire attività economiche senza il placet della politica. E comunque, anche dopo che fortunatamente molti settori sono stati liberalizzati, il comune si è inventato un regolamento – l’Unesco – che non consente di fare quasi niente senza l’avvallo della politica.
Servirebbe aprire una riflessione seria su quanto sia dannosa e ingiusta quest’impostazione che rigetta le regole basilari del libero mercato, e che favorendo la rendita di posizione limita lo sviluppo della città reprimendo le migliori energie. Ma la realtà ci rappresenta inequivocabilmente – la farmacia di San Felice è un esempio emblematico – che più i piani falliscono e più i pianificatori vorrebbero pianificare.
E questa presunzione si scontrerà sempre con la verità di una città che cambia, perché niente è immutabile. Sarebbe meglio dunque “lasciare fare”: soltanto da una dinamica di concorrenza si aumenta la qualità dei servizi offerti dalle imprese e si crea ricchezza diffusa e perché, come recita un vecchio adagio, non esiste la libertà individuale senza la libertà economica.”
Emanuele Cocollini
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