Firenze – Sono scesi in piazza in diverse centinaia, forse addirittura in più di mille, determinati a lottare per salvare le proprie imprese. I “Ristoratori Toscani” hanno voluto lanciare un messaggio chiaro: sono stufi di ricevere promesse puntualmente disattese. Adesso pretendono di vedere i fatti, altrimenti la protesta andrà avanti ad oltranza.
Neppure la pioggia battente ha spento la voglia di battersi di questa categoria, tra le più vessate dalla crisi economica in atto. A fronte della brusca chiusura delle attività di ristorazione imposta dal Governo, nessun reale provvedimento di sostegno economico è stato preso in loro favore. Il credito d’imposta, stante l’impossibilità di lavorare regolarmente, viene giustamente considerato poco più che una presa per i fondelli.
La manifestazione ha visto la partecipazione tanto dei proprietari quanto dei dipendenti, gli organizzatori sono stati chiari: tutti uniti, senza distinzioni partitiche o sociali. Inizialmente questo coordinamento di imprenditori aveva accettato la linea del dialogo, chiamati dal Sindaco di Firenze Nardella, dalla Regione Toscana e dal Ministro Patuanelli, si sono seduti a vari tavoli, ottenendo però soltanto vaghe promesse. L’iniziativa di oggi, quindi, nasce proprio dall’incapacità delle istituzioni politiche di dare risposte concrete al settore. In ballo ci sono centinaia di migliaia di aziende e più di un milione di lavoratori, con relative famiglie ovviamente.
DA FIRENZE LE RICHIESTE DEI RISTORATORI
Documenti, petizioni, manifestazioni, social network, comunicati e tavoli di concertazione. In ogni modo i ristoratori stanno cercando di far sentire la propria voce. Le proposte avanzate sono di buon senso e sono state rivolte a più livelli in modo pacifico.
Ai Comuni viene chiesta l’abolizione della tassa sui rifiuti e quella sul suolo pubblico. “L’abolizione di queste due tipologie di tributi” si legge “potrebbe aiutare a garantire la sopravvivenza dopo mesi di chiusura e di oneri e tributi regolarmente versati nonostante gli incassi siano stati pari a 0.”
Al Governo si chiede il blocco degli affitti, il pagamento della cassa integrazione ai dipendenti e la possibilità di riaprire con delle normative ragionevoli. In effetti, a leggere le cervellotiche modifiche strutturali che vorrebbero imporre ai locali, si ha la sensazione che gli scriventi, in vita loro, non siano mai stati in un bar o in un ristorante.
Niente di tutto questo, per adesso, è stato preso in considerazione. L’Art. 1 della Costituzione indica l’Italia come una Repubblica fondata sul lavoro, ma ormai niente pare avere più un senso in questo Paese allo sbando.
I NUMERI DELLA RISTORAZIONE IN ITALIA
Giusto per dare un’idea, il giro di affari della ristorazione in Italia nel 2019 è stato di 86 miliardi di euro. I dati di Confcommercio ci aiutano a capire che se questo settore entra in crisi, si rischia una vera bomba sociale. Prima dell’emergenza Coronavirus erano 336.000 le imprese della ristorazione attive, 112.441 quelle gestite da donne, 56.606 quelle in capo agli under 35. Quante ne saranno rimaste quando tutto finirà non è dato saperlo, ma se le cose continuano così le previsioni non sono rosee.
A livello occupazionale si parla di 1,2 milioni di lavoratori dipendenti, di cui il 52% donne. Si tratta di uno dei pochi comparti che all’anno scorso presentava una netta crescita, soprattutto rispetto agli altri settori dell’economia nazionale. Negli ultimi 10 anni fa, infatti, i posti di lavoro, misurati in unità di lavoro standard, in bar e ristoranti sono cresciuti del 20%, a fronte di un calo dell’occupazione totale del 3,4%.
I SOLDI NON CI SONO
Da questi numeri si comprende bene che non si può restare a guardare. Tuttavia nessuno intende farsi carico del problema. Ad oggi, nessuna delle proposte presentate dai ristoratori toscani, così come dalle altre associazioni sparse in giro per la penisola, ha trovato accoglimento. Il problema sostanzialmente è sempre lo stesso: i soldi non ci sono. La responsabilità è di quella politica che ha passato anni ad accondiscendere in modo servile ai vincoli europei, a causa dei quali lo Stato è stato letteralmente dissanguato e disarticolato, venendo meno alle sue funzioni naturali.
All’orizzonte non si vedono vie d’uscita. L’unica strada percorribile sarebbe quella di cambiare nettamente paradigma, uscendo dalla perversa logica del debito in cui ci siamo infilati e recuperando la nostra sovranità. Dovremmo recuperare la possibilità di agire liberamente sulle leve che regolano l’economia, investendo nella spesa pubblica e finanziando la ripresa attraverso iniezioni dirette di liquidità. Tutte cose che l’europa non ci permetterà mai di fare e che comunque non rientrano nella visione di Giuseppe Conte e dell’attuale esecutivo, totalmente appiattiti ai diktat europeisti.
La passeggiata di stamattina si è svolta in pieno centro a Firenze, tra le più alte manifestazioni del genio italiano. Si è poi conclusa sulle note del nostro Inno nazionale. E’ proprio da questi simboli che dobbiamo ripartire: la storia ci insegna che l’Italia è una grande Nazione e che il popolo italiano non è secondo a nessuno. Torniamo ad avere consapevolezza di questo e riprendiamoci tutto.
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