Firenze: una città da “fondare”

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Nel giro di pochi giorni, a Firenze si sono verificati nell’ordine: un tentativo di stupro ai danni di una ragazza 17enne in piena mattina; un’aggressione a una ragazza su un autobus nel pomeriggio e, di notte, una rissa mortale dove ha perso la vita un altro giovanissimo di 24 anni.

Il tema della sicurezza in città sta diventando davvero preoccupante e non da ora. Fra spaccio, e violenza (tentata o consumata), furti e rapine Firenze sembra diventata un Bronx nella sostanziale indifferenza dell’amministrazione.

Più sicurezza!

Certamente, si tratta di un tema serio che non va affrontato per slogan ma attraverso una seria presa di coscienza di ciò che sta diventando Firenze e, con essa, le grandi città italiane. Intanto, accorgersi che esiste un problema potrebbe essere un buon inizio. Purtroppo non siamo nemmeno a questo.

Ormai non si tratta solo di periferie abbandonate a se stesse, ma la violenza dilaga anche in pieno centro a tutte le ore del giorno e della notte.

Spesso ha per protagonisti (sia aggressori che vittime) giovani o giovanissimi in un piano inclinato che pare non avere mai fine.

Eppure, innanzi  a tutto ciò, la politica dorme! Sembra non avere contezza del problema e a Firenze ciò si registra in modo sempre più preoccupante.

La politica è costruire città

Ma politica significa fondare città, vuol dire creare spazi sicuri e belli. Perché sicurezza e bellezza vanno di pari passo. La riqualificazione delle città passa attraverso un’opera di “ingegneria” urbanistica e sociale assieme, che si traduce in un investimento per il futuro. Non è possibile lesinare su questo. Ne va dell’avvenire. Uno spazio bello e sicuro dura per sempre (o quantomeno per molto). Quando si investe, cioè,  in bellezza, quando si costruiscono spazi di aggregazione, si conferisce una speciale responsabilità ai cittadini circa il dovere di mantenerla nell’interesse di tutti.

La storia d’Italia, in fondo è sempre stato questo. Costruzione di città feconde dal punto di vista culturale commerciale dove una comunità possa ritrovarsi condividendo spazi, tempo, progetti idee e prospettive.

Ma qualcosa a un certo punto si è rotto. La modernizzazione galoppante ha bruciato in poco tempo tutte le tappe e le città sono divenuti alveari brulicanti di tante monadi disgiunte le une con le altre, dove come in una giungla ha iniziato a vigere il principio “mors tua vita mea”: dove l’Io assoluto prende il posto del Noi, e la comunità ha smarrito se stessa nel mare liquido e putrescente dell’individualismo possessivo.

In ciò, indubbiamente, l’immigrazione incontrollata ha aggravato dinamiche già esistenti nel tessuto sociale perché quando una comunità è sfaldata non può integrare chi arriva da fuori. E’ “costretta” a mettere ai margini i nuovi poveri generando effetti perversi i cui effetti si riverberano su tutti noi.

La paura e il silenzio della politica hanno poi determinato aree di impunità all’interno della città. Inoltre, la burocrazia ha reso impossibile la certezza della sanzione aggravando un clima pesante e assai pericoloso.

A Firenze è questo che sta accadendo nel silenzio generale e nell’indifferenza di una classe dirigente ormai refrattaria a qualsiasi forma di critica o apporto costruttivo. Un’amministrazione ripiegata su se stessa che governa una città sempre più turistica e al contempo sempre più indifferente riguardo i propri cittadini.

Da Firenze bisogna ripartire

Ma poiché la città è culla di Rinascimento, è lecito aspettarsi che proprio da qui riparta un nuovo modo di intendere la città. Meno metropoli, e più comunità.

Più sicura e quindi più accogliente e meno indifferente alle sorti delle persone.

Si, certamente occorrono più forze dell’ordine e più telecamere. Manca personale e urgono maggiori investimenti in tal senso. Insomma, la sicurezza cittadina deve essere ripensata a partire delle basi. Ma non basta.

Serve una svolta culturale, un nuovo modo di concepire la comunità a partire dal quartiere. Di questo dovrebbe occuparsi l’Amministrazione comunale altrimenti il fenomeno criminale non potrà che aggravarsi. Invero esso è conseguenza del problema e non causa di esso. E’, cioè, una spia di come viene (male) amministrata la città.

Una classe dirigente che voglia essere tale deve dimostrarsi avanguardista a 360 gradi. Smettere cioè di correre dietro all’emergenza ma tracciare un rotta e perseguirla con tenacia e determinazione.

Ebbene, dopo decenni di amministrazione monocolore, possiamo dire che questi amministratori non sono in grado di tracciare più alcuna rotta per la città e, con ciò facendo, hanno abdicato al proprio ruolo.

 

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