FOLLIA ANTIRAZZISTA
In realtà il nome è riferito al colore del legno con cui il rifugio è costruito, proprio come indica la versione italiana del nome “Capanna nera”. I gestori: “Il nome non è assolutamente collegato ad una popolazione. Ci opponiamo apertamente a qualsiasi forma di razzismo, xenofobia e discriminazione. Ogni ospite, indipendentemente dall’origine, è sempre stato il benvenuto”. Ma ovviamente non basta, ormai la paranoia ha preso il sopravvento. L’ossessiva ricerca di ciò che non è omologato al pensiero unico delle oligarchie cosmopolite deve essere distrutto, non importa se sia realmente discriminatorio o meno, non contano più la sostanza e i contenuti, la nuova inquisizione colpisce in modo indiscriminato.
Il rifugio altoatesino “Capanna Nera” è così finito al centro di numerose polemiche per il suo nome tedesco, “Negerhütte”. Sull’onda emotiva dei movimenti antirazzisti in tutto il mondo, è partita dalla Germania una petizione online che nel giro tre giorni ha raggiunto 7.000 firme proprio per far cambiare nome al noto rifugio della Val Badia, o in alternativa addirittura per far chiudere la struttura. I suoi promotori hanno rivolto la richiesta direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ce li immaginiamo questi 7.000 agenti della psicopolizia del web, solerti nel sottoscrivere la petizione davanti al pc, senza preoccuparsi di ragionare, di conoscere la storia del luogo e la motivazione di quel nome. Un ammasso di lobotomizzati che agisce sotto l’emotività indotta ad hoc dai media mainstream.
“Il nome tedesco deriva dal latino “niger” (nero) e non dal tedesco “Neger” (negro)”, è quanto spiegano i gestori del rifugio su Facebook, ricordando la storia ormai quasi centenaria di Capanna Nera. “Gli eventi attuali creano paura, dolore e rabbia in tutto il mondo. Essi portano a mettere in discussione strutture discriminatorie che si trovano in tutti gli ambiti pubblici. Con questo siamo d’accordo, perché porta al cambiamento e alla parità di diritti. Purtroppo, in mancanza di conoscenze migliori, anche la nostra baita di montagna costruita quasi 100 anni fa, chiamata rifugio “Negerhütte”, sta attraversando il fuoco incrociato”.
“Sperando di offrire una comprensione più chiara, vogliamo spiegare che dietro il suo nome non ci sono motivazioni razziste. Per proteggere dal vento e dal clima il legno con cui era costruita la capanna è stato dipinto nero, a cui deve il nome di origine latina (niger = nero). Il nome non è assolutamente collegato ad una popolazione. Ci opponiamo apertamente a qualsiasi forma di razzismo, xenofobia e discriminazione. Ogni ospite, indipendentemente dall’origine, è sempre stato e benvenuto”.
Anche tutto questo, ne siamo certi, non basterà. La follia iconoclasta “Black live matter” non è dotata di una precisa ratio, agisce per impulsi indotti, ha ormai assunto la forma di una vera e propria malattia mentale di massa. Ci auguriamo che i proprietari difendano l’identità della propria attività, darla vinta a questo ammasso di psicolabili creerebbe un altro precedente davvero grave.
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