Francia: maglia nera dell’antisemitismo, monito per tutto l’Occidente
Parigi. È del 18 giugno la notizia shock che una ragazzina di 12 anni è stata violentata e picchiata dall’ex fidanzatino e altri due complici perché ebrea.
Sembrerebbe proprio questa la ragione della violenza, almeno stando alle parole del ragazzino, il quale si sarebbe detto adirato per essere stato tenuto all’oscuro del fatto che la ragazza fosse di origine ebraica
È innegabile che siamo di fronte a una recrudescenza dell’antisemitismo a livello globale, così come non si può negare che in Francia, dove i problemi di integrazione razziale sono una piaga, sia un fenomeno radicato, in ogni sua forma, più che altrove.
Senza andare a scomodare le espulsioni di massa degli ebrei, molto prima di quelle spagnole, a partire dal XIV secolo, ma nemmeno lo scandaloso Affaire Dreyfus, che spaccò a metà l’opinione pubblica francese nel XIX secolo, ci sono affaires molto più vicini a noi che fanno davvero ragionare su quanto affermato.
Ci siamo forse dimenticati di Ilan Halimi?
Correva l’anno 2006, appena 18 anni fa. Chi era Ilan? Era un giovane ebreo marocchino di 23 anni, rapito il 20 gennaio di quell’anno a Parigi, dopo essere stato attirato in un finto appuntamento. Ad attenderlo invece un agguato di quella che fu definita la “banda dei barbari” capitanata da Youssouf Fofana, un estremista islamico di origine ivoriana. La matrice antisemita del rapimento è stata chiarissima fin da subito, dal momento che venne chiesto un grosso riscatto in luogo della diceria che “gli ebrei hanno i soldi e sono solidali tra loro”.
Qual è stata la sorte di Ilan?
Fu torturato per giorni, come stabilì l’autopsia. Nessuna ferita mortale, solo una lenta agonia che si concluse quando fu ritrovato lungo i binari della ferrovia nei pressi di Sainte-Geneviève-des-Bois, a pochi chilometri dalla capitale. Aveva la quasi totalità del corpo bruciata, svariate ferite, segni di violente percosse e morì in ambulanza.
Come non citare Sarah Halimi, stesso cognome del povero Ilan, che nel 2017, sempre a Parigi, fu presa a pugni, accoltellata e infine gettata ancora in vita dalla finestra da Kobili Traorè, originario del Mali, che secondo i testimoni avrebbe aggredito per oltre un’ora la donna al grido di Allahu Akbar, insultandola come “demone”.
Sebbene gli sia stata riconosciuta l’aggravante dell’antisemitismo, l’assassino fu assolto per incapacità di intendere e di volere, in quanto stava delirando perché intossicato da un’overdose di cannabis
E che dire di Mireille Knoll, una donna ebrea di 85 anni, sopravvissuta della Shoah che nel 2018 fu accoltellata a morte e poi bruciata con la sua casa da Yacine Mihoub, la cui madre, condannata a tre anni di carcere per complicità, aveva pulito il coltello usato dal figlio per uccidere la povera anziana.
La natura antisemita di questa vicenda fu poi confermata dalla Corte d’Appello di Parigi nel 2020
Che abbia un movente più spiccatamente legato a un antagonismo religioso, come nei casi appena elencati, o no, come nel caso della ragazzina di 12 anni, rimane il fatto che siamo di fronte a un’impennata spaventosa dell’antisemitismo, ormai del tutto sdoganato e che giorno dopo giorno è sempre più esacerbato anche a causa del conflitto in atto in Medio Oriente.
È innegabile che un vento di antisemitismo così ostentato non si avvertiva dal primo dopoguerra
E se già la situazione è notevolmente precipitata in tutto l’Occidente in seguito alla guerra scoppiata tra Hamas e Israele dopo il 7 ottobre scorso, dove hanno trovato la morte il più alto numero di ebrei uccisi in un giorno dopo la Shoah, non è possibile immaginare quali potranno essere le conseguenze in una nazione come la Francia dove, come è stato ampiamente dimostrato, passa un niente tra l’insulto e l’omicidio. O lo stupro.
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