Giorgia Meloni e il pragmatismo della destra
Parole poche.
E’ la sintesi di questo anno di governo Meloni. Si può discutere sulle modalità, sulla necessità e anche sulle capacità nell’operato dell’esecutivo, ma è indiscutibile l’approccio altamente pragmatico tenuto dal presidente del Consiglio e dai suoi ministri.
Assieme al pragmatismo, è da evidenziare il rigore con cui il governo sta portando avanti il programma, sta producendo decreti uno dopo l’altro, sta organizzando iniziative sul territorio nazionale. Lo fa con un equilibrio che non ci si aspetta da un partito così ideologizzato. Un equilibrio che sta dando in maniera lenta, ma costante, risultati.
Ed è proprio la moderazione l’arma con cui il presidente Meloni sta spiazzando i partiti antagonisti e compiacendo l’elettorato di centro, quest’ultimo orfano del Terzo Polo e molto interessato alle mosse dell’esecutivo.
Non a caso si è scritto “partiti antagonisti” e non “partiti di opposizione”, perché al momento una reale opposizione non c’è. Per incapacità (la Schlein è di fatto la maggiore assicurazione sulla durata dell’attuale governo), ma anche e soprattutto per merito del presidente del Consiglio, che ascolta tutte le istanze e, prima di decidere, ricerca comunque il dialogo e la mediazione.
La destra così aperta e disponibile è qualcosa che contraddice la storia come ci è stata raccontata e come ancora la raccontano certe frange della sinistra italiana, che ancora pensano al fantasma degli anni ‘30 e al fanatismo del Fascismo nel periodo prebellico.
La destra che sta governando adesso dimostra di essere liberale, moderata e per alcuni versi riformista.
Uno shock, senza dubbio. Ma il moderatismo della Meloni nasce veramente dalla necessità di politiche centriste e/o centripete, oppure è un mero opportunismo politico per avvicinarsi all’elettorato di centro?
Al di là delle uscite di Renzi, che alla festa di Italia Viva ha parlato di spot tramite la “Meloni Travel”, riferendosi ai viaggi che Meloni sta facendo in ogni dove, l’impegno c’è ed è palpabile. I suoi incontri internazionali, che spaziano da Biden a Orban, i suoi spostamenti dai centri di accoglienza di Pantelleria al salone della nautica di Genova, il suo ritorno (discusso e criticato) dal G7 in Giappone per visitare la Romagna alluvionata dimostrano il voler essere comunque presente e il voler realmente proporre qualcosa che sia effettivamente molto vicino a “far ripartire la nazione”.
Il programma politico dell’esecutivo attualmente piace ai centristi, così come non viene più di tanto criticato anche da molti sinistrorsi, molti dei quali nel segreto dell’urna all’ultima tornata elettorale hanno scelto i partiti di maggioranza.
La luna di miele fra elettori e governo continua.
Tuttavia le origini di FDI sono saldamente di destra. Il “core business” dell’elettorato è di destra. Gli ideali su cui poggia il partito della Meloni sono saldamente definiti verso un preciso colore politico.
Meloni procede a barra dritta in posizione moderata ma allo stesso tempo, come ben descritto da un articolo della corrispondente da Roma Angela Giuffrida pubblicato la scorsa settimana su The Guardian, “strizza comunque l’occhio a chi moderato non è”.
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