Giovanni Gentile va riscoperto, non demonizzato 

Giovanni Gentile va riscoperto, non demonizzato

Non concordo con le dichiarazioni del senatore del Partito Democratico Dario Parrini riguardo a Giovanni Gentile.

Credo ci sia la necessità di chiarire alcune cose.

Caro Senatore Parrini,

ho letto con attenzione e rammarico le sue dichiarazioni in merito alla proposta del Ministro della Cultura Alessandro Giuli di intitolare uno spazio pubblico a Giovanni Gentile. Lei parla di una provocazione, persino di una ferita alla memoria antifascista della città di Firenze. Ma mi permetta di dirle, con rispetto: così si continua a usare la storia come strumento di battaglia ideologica, invece che affrontarla con la serenità e la profondità che merita.

Lei stesso riconosce a Giovanni Gentile il valore di studioso e filosofo. Bene. Ma allora perché ridurlo a una macchietta politica, negando ogni altra dimensione della sua vita e del suo pensiero? Gentile è stato sì un uomo del regime, ma anche il più grande filosofo italiano del Novecento, autore di una riforma scolastica — quella del 1923 — che ancora oggi, a un secolo di distanza, viene studiata come l’unico vero tentativo organico di dare all’Italia una scuola seria, formativa, selettiva e meritocratica. Una scuola capace di creare cittadini, non consumatori di nozioni

Molti intellettuali antifascisti lo hanno detto prima di noi. Norberto Bobbio lo definì “l’unico filosofo sistematico” del secolo. Guido Calogero, esponente del liberalismo democratico, lo stimava sul piano del rigore speculativo. Concetto Marchesi, comunista e membro del CLN, ricevette aiuto da Gentile durante i mesi più bui della RSI. Non si tratta di revisionismo: si tratta di guardare in faccia la complessità della nostra storia.

Come ricordano gli studi di Giovanni Spadolini, Mirella Serri e altri storici, Giovanni Gentile si adoperò anche per salvare studiosi, intellettuali e oppositori del regime. Non fu mai un uomo di violenza o di vendetta. Tentò di salvare Giovanni Palatucci, cercò contatti con ambienti resistenziali per immaginare una via d’uscita civile dalla guerra

Rimase, tragicamente, fedele a un’idea dello Stato che reputava superiore agli odi di parte.

In questa prospettiva, le parole del Ministro Giuli non sono una provocazione, ma un tentativo di ricomporre la memoria. Eppure, ogni volta che si prova a discutere del Novecento italiano senza schemi manichei, c’è chi si scandalizza.

Lo ha detto in più occasioni anche Massimo Cacciari, filosofo di sinistra: “L’antifascismo rischia di diventare una religione civile di comodo, una formula rituale usata per nascondere l’incapacità di affrontare i problemi reali della democrazia”. È un monito da ascoltare, non da rimuovere

E lo ha ribadito anche Ernesto Galli della Loggia, storico non certo vicino alla destra nostalgica: “Un Paese in cui l’antifascismo è divenuto un alibi per evitare ogni riflessione critica sul presente è un Paese che non ha ancora fatto pace con la propria storia”.

Quando l’antifascismo viene usato come strumento di propaganda politica, esso viene sminuito nella sua portata storica, morale e civile. E questo è un grave errore. Perché l’antifascismo vero — quello che ha ispirato la Resistenza, la Costituzione e la ricostruzione democratica — non è una clava da brandire, ma una coscienza da costruire, un terreno comune, una base etica su cui fondare una memoria nazionale condivisa, non settaria

Al contrario, i ministri della sinistra — da Berlinguer in poi — hanno spesso demolito la scuola pubblica, smontando un edificio costruito con fatica. Le “riforme” degli ultimi decenni hanno prodotto precariato, abbassamento della qualità didattica e mortificazione del merito. In questo scenario, la Riforma Gentile appare come un gigante dimenticato: colta, esigente, formativa. L’unico modello pedagogico che abbia dato dignità alla scuola italiana nel Novecento.

E allora, caro Parrini, non è il Ministro Giuli a deformare la storia. Semmai è chi continua a leggerla con una lente selettiva, chi nega dignità a chi non rientra nel proprio schema ideologico, chi si rifiuta di fare i conti con la complessità del nostro passato

La storia va letta con obiettività. Non può prestarsi a mera propaganda politica di parte.

Solo chi ha paura della verità sente il bisogno di cancellarla. Gentile non chiede vendette, né riabilitazioni. Chiede solo di essere ricordato per ciò che è stato: un grande filosofo, un educatore, un uomo che ha creduto — forse troppo — nella possibilità che la cultura potesse unire un Paese diviso.

Leggi anche: Giani, a rischio la candidatura bis

www.facebook.com/adhocnewsitalia

SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT

Exit mobile version