Gli avvocati: “Durante la pandemia la giustizia è regredita al Medioevo”

AVVOCATI

Avvocati – La giustizia non sta uscendo migliore dal Covid secondo Vinicio Nardo, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano. Anzi, non sta proprio uscendo. E’ la sua spina: “Mentre il paese reale torna a vivere, nei negozi, nei bar, nelle spiagge, noi restiamo chiusi  e, di fronte al bivio tra fare un salto nel futuro e tornare al passato, stiamo assurdamente scegliendo di regredire al Medioevo”.

Battaglie tra poveri

E’ un contesto in cui “si combattono ‘battaglie tra poveri’” – dichiara a Agi – come quelle tra cancellieri e avvocati. Protagonisti di reciproci episodi di insofferenze nelle settimane del contagio. In una recente delibera, l’Ordine, oltre a chiedere di riprendere a celebrare tutti i procedimenti rinviando solo quelli la cui trattazione “è impossibile” per questioni sanitarie”, parla di “situazione ghettizzante per gli avvocati”.

Mi arrivano segnalazioni non solo riguardo le cancellerie dove in alcuni casi l’accesso ci è stato precluso e siamo stati invitati a lasciare dei decreti fuori in una scatola di plastica, con un atteggiamento antiscientifico e medievale. Ma anche da parte dei magistrati. Un collega mi ha fatto sapere che, di fronte alla sua richiesta di consegnare alla Corte d’Appello un foglio di carta per la liquidazione delle spese, si è sentito rispondere dal giudice che non poteva ricevere materiale cartaceo. Ancora una volta, ecco la distanza dalla realtà. La città pullula di rider che ti portano da mangiare. Amazon ti porta qualsiasi cosa. E l’unica cosa che non può passare di mano in mano sono gli atti giudiziari”.

I responsabili

La responsabilità “è del Ministero della Giustizia che non può chiudersi a riccio ma deve fare il possibile per risolvere le questioni. Ad esempio, i lavoratori non possono accedere al Processo civile telematico solo per colpa del Ministero. Altrimenti come io lavoro da casa potrebbero farlo anche loro”.

Per Nardo, c’è poi un’Italia che non ha nessuna voglia di riempire di nuovo le aule dei tribunali: “Ci sono intere parti della penisola – riflette – dove il contagio non sanno cosa sia da tempo. Per carità, fanno bene a riguardarsi ma potrebbero far funzionare tranquillamente la giustizia e se ne stanno fermi, soprattutto al sud, a rinviare alla grande, anche a dopo l’autunno. Non mi stupisce perché a Milano si vedono meno quei fenomeni per cui se vai in giro per l’Italia il giudice invece se ne approfitta appena può per rinviare.

Mi è capitato di andare a processi aggiornati senza nessun tipo di vergogna. E su questo trend, col coronavirus ci stanno marciando”. Il timore espresso da Nardo è che, se non si riapre ora “che la situazione è sotto controllo e non lo dicono i decreti ma i dati, il rischio è che, se dovesse esserci un paventato ritorno del virus in autunno, non si ripartirebbe più”.

Strumenti ridicoli

“Non è importante che ad agosto si lavori, sarebbe una cosa solo simbolica che baratterei volentieri con l’estensione al penale del processo civile telematico che c’è già nel civile, con un’apposita piattaforma e con la possibilità delle notifiche telematiche, approfittando dell’opportunità che la pandemia potrebbe darci”.

Diverso è il processo remoto. Quello con cui sono stati celebrati i pochi procedimenti ammessi nell’era Covid. In cui si sono visti avvocati fissare schermi dove i volti, o parti del corpo, dei giudici andavano e venivano.

“È grave che si sia sbandierato questo come un processo tecnologico, quando è stato fatto con strumenti ridicoli, senza appositi programmi. Non è stato un passo avanti, ma indietro”.

 

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