Non c’è alcuna intenzione di una “ritirata” degli Usa dal contesto internazionale dopo il flop afghano, e non è solo l’accordo Aukus a testimoniarlo. L’amministrazione di Joe Biden e il Congresso stanno discutendo in queste settimane del budget militare per l’anno a venire, che sarà in vigore tra poche settimane.
Le ambizioni degli Usa sul contenimento della Cina, la sfida geostrategica alla Russia di Vladimir Putin, il consolidamento della Nato e la gestione degli innumerevoli programmi di innovazione e sviluppo delle forze armate saranno finanziate con un rafforzamento del budget che per l’anno in corso Donald Trump e il Congresso avevano fissato a 705 miliardi di dollari.
Il Pentagono chiede più soldi
Il capo del Pentagono Lloyd Austin per il 2022 ha chiesto 715 miliardi di dollari, che Biden si è detto disposto ad accordare. Il più importante finanziamento alle forze armate dalla fine della Guerra Fredda in avanti. Washington è ancora impegnata militarmente in Iraq, combatte i jihadisti dal Corno d’Africa al Golfo. Sta sviluppando il 5G a fini militari, programmi di innovazione delle forze armate come il bombardiere B-21, un piano di rilancio della flotta e un rafforzamento dei servizi segreti. Questa necessità richiede cospicue risorse. E nonostante ogni promessa della sua campagna elettorale Biden, complice la ripresa dell’economia che renderà meno urgente destinare fondi al tamponamento della crisi del Covid-19, non ha avuto altra scelta.
Notevole in quest’ottica l’incremento (+5%) delle dotazioni per ricerca, sviluppo, test e validazione (R&D), per cui si richiedono 112 miliardi di dollari, a testimonianza della volontà statunitense di restare in testa nella corsa alle tecnologie di frontiera e all’innovazione militare. E ciononostante il fatto che per questa svolta alcuni programmi siano stati ridimensionati o decurtati ha portato a una sostanziale sfida del Congresso e a una minaccia bipartisan all’azione di Biden. Che si trova di fronte a crescenti richieste sia dal suo Partito Democratico che dall’opposizione repubblicana.
Già approvata dalla Camera dei Rappresentanti
Come riporta Formiche, nelle scorse settimane la Camera dei rappresentanti “ha approvato una versione” di linea guida di budget che va oltre quella dell’amministrazione, “promossa dal leader dell’opposizione repubblicana Mike Rogers con 24 miliardi in più rispetto alla richiesta dell’amministrazione, tra cui 9,8 miliardi per il procurement di sistemi d’arma e 5,2 miliardi per ricerca e sviluppo (a testimonianza che, comunque, l’attenzione alle tecnologie disruptive in campo militare resta bipartisan)”. La proposta ha ricevuto 316 voti favorevoli e soli 113 contrari, principalmente riferibili all’ala della sinistra democratica facente riferimento a Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez.
Analoga la richiesta in Senato. La Difesa appare il ponte attorno cui si stanno saldando le richieste comuni e la visione del mondo trasversale ai due maggiori partiti statunitensi. Le ali più centriste dei democratici e dei repubblicani concordano sostanzialmente sulla necessità di difendere la potenza americana. E di non dare ulteriore spazio al ritiro delle forze armate dagli scenari globali dopo lo smacco afghano. Inoltre, nel quadro di un contesto politico che vede la ricerca di una distensione tra i due partiti il dialogo sui finanziamenti a aree di interesse bipartisan aiuta a favorire un dibattito che presto dovrà espandersi anche all’innalzamento del tetto del debito. Dal programma infrastrutturale di Biden approvato dai Repubblicani, che stanzia miliardi di dollari per programmi di banda larga e sviluppo per l’America profonda, alla ricerca di un’intesa sul budget militare il passo è breve.
I militari esultano
La richiesta non ha ricevuto sostegno unanime nell’apparato militare. Il vicepresidente dello Stato maggiore congiunto, generale John Hyten, si è detto convinto del fatto che il budget sia inflazionato dalla presenza di inefficienze e programmi datati. Hyten, riporta Rollcall, ha dichiarato che a suo avviso “il governo continua a realizzare armamenti non necessari e a pagare contractors e mercenari per mesi anche se non sono capaci di svolgere i ruoli che gli sono stati assegnati”.
Il dibattito politico interno al Congresso inflaziona inevitabilmente il budget per le richieste di programmi. E posti di lavoro e produzioni ad essi associati, che deputati e senatori portano avanti per irrorare di risorse i loro collegi di riferimento. Il complesso militare-industriale, in questa fase, è anche un grande volano in termini di Pil, in una fase in cui la ripresa Usa va consolidandosi. E anche per questo il dibattito si fa sempre più acceso. Mentre la politica americana rafforza la sua volontà di potenziare un apparato militare che è anche, se non soprattutto, un protagonista del dibattito istituzionale.
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