La tolleranza verso ciò che è accaduto a Greta Beccaglia è pericolosa anche più dello spregevole atto in sé.
Impensabile che una giornalista venga palpeggiata contro la propria volontà a seguito di un evento sportivo, mentre sta facendo il proprio lavoro.
Senza neppure timore di mostrarsi davanti alle telecamere; anzi ostentando fieramente la propria balordagine.
Non può una società commemorare e condannare la violenza sulle donne e poi trovare scusanti a quella che comunque è palesemente una violenza sessuale. Poiché palesemente si tratta in questo caso. Di un gesto che degrada la dignità della persona e viene perpetrato contro il consenso ed in maniera arbitraria ed iniqua.
Ma la la brutalità del gesto non è tutto in questa storia.
Il collega da studio le ha detto di non prendersela. E, anche se magari nella migliore delle intenzioni, le ha proposto proprio l’opzione peggiore. Proprio l’opzione da rigettare.
Non bisogna lasciar correre
Non bisogna pensare che queste cose siano deprecabili, odiose e poi non fare ogni sforzo perché alla censura morale non segua la punizione legale. È l’indifferenza, la sopportazione a rendere possibile ai responsabili di simili gesti di farla franca.
Da studio il collega riteneva che anche questa esperienza negativa servisse a Greta Beccaglia per crescere.
Più di così? Ha avuto una reazione da manuale, ponderata, dignitosa, ma giustamente ferma. “Scusami, non puoi fare questo, mi dispiace”. Parole semplici ma esaustive.
Non puoi farlo, non è lecito e soprattutto è profondamente ingiusto.
E la soluzione sbagliata è quella suggerita dal conduttore, che invocava eventualmente una reazione a questi atteggiamenti con qualche sano schiaffone.
Perché? Greta ha avuto la sobrietà di indicare la giusta direzione. Identificare e procedere legalmente. Non si è abbassata a farsi giustizia da sola. Ha chiesto alla legge di riconoscerle la tutela che le spetta.
Deve esserci una giustizia che punisce questa violenza.
Un’equità del paese che difenda la dignità e le persone ogni giorno, con gente che non minimizza questi episodi e tribunali che tutelano le vittime.
Altrimenti la violenza continuerà ad essere la tangibile realtà pratica, in barba a discorso e celebrazioni.
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