Un anniversario a doppio binario
Il 29 novembre di quest’anno saranno 76 anni dalla votazione della risoluzione 181 dell’ONU del 1947. A seguito dell’attacco contro Israele del 7 ottobre perpetrato dall’organizzazione islamista di Hamas, spesso si è sentito parlare di questa precisa risoluzione.
Di che cosa si tratta?
A grandi linee, la risoluzione 181 dell’ONU prevedeva, tra gli altri temini, la prospettiva di una spartizione della regione Palestina la quale, all’indomani della caduta dell’Impero Ottomano, di cui faceva parte, passò sotto il governo britannico nominato potenza mandataria, la cui presenza sul territorio cessò in via definitiva il primo agosto del 1948.
Dunque il 29 novembre configura una data storica, poiché sulle disposizioni della risoluzione furono consolidate le premesse della dichiarazione Balfour.
Tale documento sanciva il diritto degli ebrei ad avere un proprio stato, il quale vide la luce il 14 maggio del 1948.
Allo stesso tempo, la risoluzione prevedeva l’uguale inalienabile diritto degli arabi palestinesi della regione ad avere un proprio stato. Tuttavia, come testimoniano i fatti e la storia, essi scelsero di non fondarlo.
Perché?
Dopo 75 anni, basta leggere lo statuto di Hamas per avere una risposta chiara ed esaustiva.
Sorprendentemente apprendiamo come sul 29 novembre si sovrapponga, per volontà delle Nazioni Unite attraverso la risoluzione 32/40 B del 2 dicembre del 1977, un’altra precisa ricorrenza: La Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese.
Si premetta che una tale giornata è certamente lecita, dal momento che sarebbe illogico non considerare la realtà dei fatti e cioè che il popolo palestinese soffre, in prima istanza – ma anche in seconda, terza, quarta, centesima – perché schiacciato nella morsa di un’organizzazione terroristica islamista, le cui azioni, inutile nascondersi dietro a un dito, sono causa delle reazioni belliche israeliane.
E non solo delle loro, basti considerare l’attacco perpetrato dalla Lega Araba che costrinse il neonato stato ebraico a difendersi dopo sole otto ore dalla sua istituzione.
Era il 15 maggio del 1948
Leggendo il comunicato sul sito di Onuitalia, che pone in agenda le celebrazioni di quest’anno, c’è da rimanere un attimo perplessi non solo a causa dell’istituzione di questa ricorrenza, seppur legittima, in una data così tanto emblematica.
Ci si rende anche conto di come i fatti storici a suffragio di tale ricorrenza siano riportati con molta poca accuratezza
O forse dovremmo dire con una certa tendenza alla capziosità, come sembra capitare spesso quando l’ONU si esprime su tali questioni – si veda in questo senso anche il discusso intervento di Guterres al Consiglio di Sicurezza sul Medio Oriente del 24 ottobre.
Leggiamo un piccolo brano insieme:
“La risoluzione stabiliva la creazione in Palestina di uno “Stato ebraico” e uno “Stato arabo”, con Gerusalemme come corpus separatum sottoposta a un regime internazionale speciale. Dei due Stati previsti dalla risoluzione, solo uno, Israele, ha visto la luce. Il popolo palestinese, attualmente di otto milioni, vive principalmente nel territorio palestinese occupato da Israele dal 1967, compresa Gerusalemme est, oltre che in paesi arabi confinanti e in campi profughi nella regione.”
Qualcosa non quadra
Che significa esattamente che “il popolo palestinese […] vive principalmente nel territorio palestinese occupato da Israele dal 1967”?
Quale sarebbe questo “territorio palestinese? Sta chiaramente parlando della Cisgiordania. Il problema è che un lettore inesperto potrebbe finire per crede che con “territorio palestinese occupato da Israele si intenda l’intera regione”, che come abbiamo ricordato, non era affatto appannaggio degli arabi palestinesi e nella quale già da secoli vivevano migliaia di ebrei.
Quanta confusione può generare un’affermazione tanto imprecisa? O forse chi ha scritto non aveva minimamente idea di che cosa stesse parlando e ha riportato la prima cosa che ha googleato?
Ma non dobbiamo stupirci, ormai da tempo abbiamo appreso come le informazioni inerenti al conflitto israelo-palestinese siano distorte e, cosa ancora peggiore, pressapochiste, come in questo caso.
Ma torniamo alle origini, la scelta di tale data per manifestare la propria solidarietà al popolo palestinese
Perché non scegliere, per esempio, il 16 settembre, quando nel 1970 i ribelli palestinesi all’interno del confine giordano furono massacrati per ordine del re Husain? O perché non scegliere il 18 di settembre, in ricordo dell’epilogo tragico di centinaia di palestinesi nei campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano, uccisi per mano delle falangi libanesi cristiane?
Perché proprio il 29 novembre, come se i palestinesi fossero stati derubati illegalmente dagli israeliani di qualcosa che era loro di diritto?
Certo è lodevole che l’ONU abbia voluto instituire una ricorrenza per dimostrarsi vicina al popolo palestinese, tuttavia viene da domandarsi che cosa abbia fatto l’ONU di concreto per garantire e tutelare il benessere del popolo palestinese in questi ultimi 75 anni. A parte riversare nella regione fiumi di denaro che, è sotto gli occhi di tutti, sono stati dirottati altrove e non per il benessere del popolo palestinese.
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