I bisogni dell’uomo

bisogni

Prima di iniziare a parlare di “bisogni”, credo sia opportuno definire con precisione cosa voglia dire questa parola al fine di fissarne il significato specifico che le attribuirò nel corso di questo articolo.

Il vocabolario italiano la definisce come “necessità” quindi “povertà” infine “forte stimolo”. Pietro Verri, filosofo-economista del XVIII secolo, dice che “il bisogno, cioè la sensazione del dolore, è il pungolo col quale la natura scuote l’uomo e lo desta da quell’indolente stato di vegetazione in cui senza questo giacerebbe”.

Emerge quindi fin da subito una doppia accezione della parola che, pur genericamente legata a sensazioni negative, può rappresentare spunto di crescita e miglioramento e questa dicotomia appare anche nella cultura popolare dei proverbi che ci ricorda che “Il bisogno è il padre delle invenzioni”, “Il bisogno fa il brav’uomo”, “Bisognino fa trottar la vecchia” ma anche che “Il bisogno non conosce leggi” oppure “Quando il bisogno bussa all’uscio, l’onestà salta dalla finestra”.

È quindi evidente come il concetto di bisogno abbia in prima istanza impatto sullo status fisico della persona ma anche indirettamente sulla sua indole e moralità.

Infine, in sociologia, la parola “bisogno” identifica l’interdipendenza tra gli organismi viventi e l’ambiente, si tratta di uno stato di carenza che spinge l’organismo a rapportarsi con il suo ambiente nel tentativo di colmarlo. Si spazia quindi da concetti materiali a concetti metafisici.

Volendo stemperare l’interpretazione negativa che abitualmente viene data alla parola “bisogno”, direi dire che la vita dell’individuo è costituita da una serie costante di bisogni (leggasi genericamente “necessità”) il cui soddisfacimento scandisce l’evoluzione o, in caso negativo, l’involuzione, fisica e spirituale di ciascuno.

Il pensiero di Maslow

Ricorrerò al pensiero di Maslow per capire meglio la scala delle necessità umane che, partendo dai bisogni prettamente fisici, porta all’innalzamento spirituale e come quest’ultimo sia in stretta relazione con i primi.

Abraham Harold Maslow nacque a Brooklyn nel 1908 e morì in California nel 1970, fu psicologo e sociologo ed insegnò tali discipline presso l’Università Brandeis nel Massachusetts. Il suo nome è legato alla cosiddetta teoria della “Piramide di Maslow” che, pubblicata nel 1954 nel suo saggio “Motivazione e Personalità”, per prima catalogò i bisogni dell’uomo in una progressione ben identificata che, partendo dai livelli più bassi (bisogni fisiologici per la sopravvivenza) ascende progressivamente fino alle necessità di realizzazione del proprio potenziale umano. Queste soglie furono da Maslow graficamente distribuite sui vari piani di un’ipotetica piramide.

Il grande apporto sociale della teoria di Maslow è quello che solo la comprensione profonda dei bisogni di un individuo può portare ad un’assistenza centrata sulla persona che, pur essendo unica nella sua individualità, condivide ed accomuna bisogni identici a tutti gli altri umani.

Si stava affinando cioè un metodo che partendo dal generale poteva portare ausilio al singolo.

La teoria della Piramide

La prima regola dalla Piramide di Maslow è che i bisogni di base sono comuni a molti più uomini rispetto ai bisogni di alto livello ed infatti sono collocati alla base della piramide che ha un’estensione maggiore rispetto al suo vertice; altra norma, è che non è possibile passare al soddisfacimento di un bisogno superiore se non è stata completamente soddisfatta la tipologia di bisogni dello stadio precedente così come è vero che da un bisogno di livello elevato si può, purtroppo, riscendere ad un livello inferiore ove questo si manifesti di nuovo. Questo aspetto viene definito da Maslow la “prepotenza relativa dei bisogni”.

La Piramide di Maslow è articolata genericamente in cinque livelli (anche se interpretazioni moderne ne prevedono di più):

Definiti i cinque livelli delle necessità, appare evidente la validità del concetto di “prepotenza relativa dei bisogni”: la ricerca della soddisfazione dei bisogni di carattere intellettivo e spirituale viene avvertita solo se sono stati sufficientemente soddisfatti i bisogni primari di sussistenza: un individuo che non deve preoccuparsi delle necessità basilari per la sopravvivenza, può dedicarsi allo studio, alla speculazione, alla socialità ed al suo percorso verso l’autostima. Diversamente, se i suoi figli morissero di fame probabilmente sarebbe disposto a mettere in secondo piano la ricerca del sé (e forse non solo quella) pur di trovar loro del cibo.

Concludendo, posso quindi affermare che l’evoluzione di un individuo attraverso la piramide di Maslow non è un fenomeno statico e neppure esclusivamente ascensionale: è piuttosto un flusso biunivoco nel senso che si può salire nella scala dei bisogni ma la si può anche discendere al variare delle condizioni di vita. Il percorso comune alla maggior parte degli uomini è quindi probabilmente un’alternanza di momenti in salita e momenti in discesa.

Soddisfazione del bisogno

Ciò introduce con drammaticità il concetto che ho accennato all’inizio, quello per cui il mancato soddisfacimento di un bisogno vitale può influire direttamente e negativamente sull’etica e la moralità del singolo individuo e tale considerazione è valida anche per i bisogni che esulano dalle necessità primarie: si può uccidere per una pagnotta ma anche per una poltrona…

La soddisfazione dei bisogni rappresenta quindi una tutela per la moralità dell’individuo, ben consci che ogni singolo individuo ha una sua personalissima scala di bisogni e solo pochi raggiungono il vertice della piramide, che essendo appunto l’area più piccola della piramide stessa, contiene i bisogni di più difficile realizzazione ai quali accedono solo i più dotati, abili o fortunati che abbiano “scalato” i vari livelli della piramide, sopravanzando chi, per scelta, scarsa ambizione o mancanza di mezzi, oscilli tra i livelli di base a volte con sofferenza, a volte con indifferenza o magari anche con soddisfazione non manifestando necessità superiori in quanto un bisogno è tale solo se viene percepito: ciò che è necessario per qualcuno può generare indifferenza per un altro.

Come ho detto in precedenza, la necessità di soddisfacimento dei bisogni può sviluppare sostanziali modifiche nell’etica e nella moralità del singolo in particolar modo se il bisogno non soddisfatto è di competenza delle aree fisiologiche in quanto il desiderio di soddisfazione va a integrarsi con la necessità di sopravvivenza il che potrebbe scatenare comportamenti al limite dei principi della convivenza fino ad oltrepassarli.

La società attuale può (e se sì, come) agevolare la crescita spirituale dei suoi componenti alla luce dei bisogni che naturalmente frenano tale ascesa e che potrebbero, come abbiamo visto, “minarne” l’integrità morale?

Favorendo la soddisfazione dei bisogni, può la comunità umana intervenire sul processo della soddisfazione dei bisogni del singolo e contribuire alla realizzazione di un uomo più felice e più lontano da comportamenti immorali (nel senso letterale della parola), antietici od al limite illegali?

Ai livelli bassi della piramide, tutto scompare nell’ottica della sopravvivenza: anche il più fine esoterista ha fame come un paria indiano, in quel triste momento non servono libri ma reale e tangibile solidarietà! Al momento attuale, disponiamo della capacità/possibilità di intervenire su certi equilibri?

L’importanza della base

Se cade la base, cade tutto: l’autostima, il successo, il potere, la socialità… si anela solo alla sopravvivenza. Arroccati, beati noi, nei piani alti della piramide, riusciremmo a comprendere chi sguazza nei bassifondi?

Sia chiaro: qua si trascende la beneficenza o l’assistenzialismo, qua si prova soltanto ad ipotizzare un modello sociale che possa prevenire il degrado di un uomo che stia scivolando sulle pendici della piramide verso un destino che potrebbe non solo essere miserabile ma anche lontanissimo da quei principi che una società che si dica “civile” deve promulgare e sostenere quindi, in ultima analisi, che potrebbe andare a costituire un freno se non un pericolo per la società intera. Molto a grandi linee, posso dire che la beneficenza ha quasi sempre carattere episodico e difficilmente può costituire un metodo strutturale di supporto; l’assistenzialismo generico crea assuefazione nei beneficiari e non stimola la volontà di miglioramento e crescita; allora?

Dai un pesce ad un uomo e lo sfamerai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita. (Confucio)

Personalmente credo molto nel potere della formazione, della cultura, della conoscenza e dell’educazione in quanto penso che riesca a suscitare curiosità, interesse, voglia di imparare e crescere e probabilmente anche bisogni ma che contemporaneamente possa offrire le adeguate capacità per soddisfarli. In altre parole, favorire l’educazione e la crescita intellettuale, affina le capacità umane e genera potenzialità di sviluppo che possono mitigare il rischio di permanenza nell’area dei bisogni primari o addirittura al di sotto di essa con le conseguenze che abbiamo preso in considerazione.

Concludendo, quelli che ho posto sono solo interrogativi non certo accuse e, purtroppo, ancor meno, strategie risolutive. Sono domande che rivolgo in primis a me stesso con la finalità di solleticare la riflessione ed il dialogo di tutti nella speranza, utopica ma mai doma, di poter lavorare per una società migliore.

 

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