I dazi nel Risiko di Trump
I mercati globali in caduta libera dopo l’introduzione dei dazi su larga scala a livello globale di Trump.
Tariffe altissime, che non risparmiano nessuno, perfino alleati strettissimi che da sempre hanno dimostrato fedeltà agli Stati Uniti, come ad esempio la Gran Bretagna. L’annunzio del 2 aprile scorso passerà alla storia come la più grande offensiva commerciale posta agli Stati Uniti al mondo.
L’”American First” ha posto le basi per attuare una politica aggressiva tesa a “far cassa”, ad incrementare i conti commerciali e, nella testa del Presidente, a contribuire alla produzione industriale interna
Niente di più sbagliato per chi ha studiato un minimo di Macroeconomia, un errore che costerà, se mantenuto a medio termine, sia agli Stati Uniti che a livello globale.
Intanto le borse rispondono con un tonfo assordante. L’incertezza dei mercati si riflette soprattutto nell’incertezza sui prezzi d applicare alle esportazioni verso l’America
E questo rende tutto molto incerto nelle possibilità di vendita dei prodotti. Gli investitori finanziari questo lo sanno bene e quindi si fermano nelle loro transazioni. Inoltre vi è il rischio di un forte incremento dell’inflazione, solo da poco in discesa, e di una rallentamento economico globale, Stati Uniti compresi.
Nel frattempo la Cina sta pianificando controffensive ai dazi americano inserendo a loro volta un aumento del 34% a tutte le merci importate dall’America, appellandosi al concetto di “tariffe reciproche”
La sensazione dunque è che non vi sia una motivazione plausibile all’introduzione così massiccia e generalizzata dei dazi.
Una potrebbe essere senza dubbio l’azione di forza a stelle strisce per riprendersi il ruolo da protagonista politico internazionale, da tempo un po’ sbiadito. Il secondo di potenziare il mercato interno a scapito di quello degli altri Stati, introducendo il concetto di premio/punizione di chi non è in linea con la politica a stelle e strisce.
Ma vi è una terza strada, forse la più inquietante. Trump ha bisogno di affermarsi soprattutto verso la Cina e per farlo deve ritornare in amicizia con la Russia. Il problema Ucraina andrà a risolversi anche e soprattutto per il contributo di Trump
Putin questo lo sa. Una volta effettuata la trattativa Putin dovrà lasciare a Trump via libera su un altro territorio oggetto di attenzioni da Trump: Taiwan.
Taiwan dal 1945 è un territorio autonomo che fa parte però ufficialmente della Cina con ampia indipendenza. Tuttavia gli abitanti di Taiwan voglio essere del tutto autonomi e indipendenti.
L’isola nel tempo ha saputo costruire una economia forte tanto da essere collocata al 14° posto nella lista dei 100 Paesi più ricchi del mondo a ottobre 2024 dal Fondo monetario internazionale
La Cina non ha però mai riconosciuto l’indipendenza di Taiwan.
Nella mente di Trump tra le sue mire ha la Groenlandia, causando le ire della Unione Europea (che pertanto è stata oggetto di dazi). Vuole inoltre annettere il Canada nella Federazione Americana (che pertanto è stato oggetto di dazi).
Trump non apertamente ha dichiarato altrettanto su Taiwan, però risulta molto attratto dalla produzione dei microchip superconduttori, elemento essenziale per la produzione di apparecchiature informatiche
E questo basta per accarezzare l’idea di mettere mano alla ricca e popolosa Isola di Taipei.
La Cina questo lo sa, e a fine marzo ha schierato a difesa 21 navi da Guerra, un centinaio di aerei e un arsenale di sistemi missilistici costieri. Una normale esercitazione militare come tante, minimizza Pechino, ma che di fatto nasconde le vere intenzione di eventuale aggressione in caso di proclamazione di indipendenza alla Cina.
Taipei a sua volta ha inviato nel luogo dell’esercitazioni aerei da ricognizione e a mantenuto un elevato stato di vigilanza. Solo il 13 marzo scorso il Presidente di Taipei Lai aveva annunciato restrizioni all’ingresso di cittadini cinesi.
Con l’insediamento di Trump la situazione dell’isola si è complicata. Se davvero ci sarà un’invasione cinese, Trump andrebbe in aiuto
Non senza però una contropartita. E sarebbe a questo punto guerra Cina/Stati Uniti.
A Trump quindi necessitano soldi, tanti, per procedere nella propria politica espansionistica, che vuole portare avanti con le buone o con le cattive. Non ci pensa neanche un minuto a scaricare alleanze e amicizie.
La scaltrezza che ha sempre dimostrato nel commercio a livello personale, adesso lo sta portando anche nella politica internazionale
Solo che la gestione di uno Stato non è propriamente un’azienda. Purtroppo in questo caso le conseguenze potrebbero essere ben più gravi.
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