Allora vogliamo parlare degli omosessuali di destra, reazionari, perfino nazisti? Mi dice un militante della causa gay con un tono aggressivo e inquisitorio, come se scoprisse un altarino imbarazzante. Ma certo, parliamone senza problemi. Discutevamo della campagna Coca-Cola pro-gay nell’Ungheria nazional-popolare e cattolica di Orban, in occasione di un raduno “amoroso”. Ma non ci sono gay anche a destra, obietta il ragazzo lgbt? Ma certo che ci sono. A voler fare, come lui fa, d’ogni erba un fascio, dai nazi fino ai tradizionalisti, esempi non mancano.
Dai nazisti Hermann Goering e Ernst Rohm al segretario del Partito Nazionale Fascista, Augusto Turati; da Yukio Mishima a Robert Brasillach e Henri de Montherlant, solo per citarne alcuni. Erano omosessuali, anche se non lo esibivano. È noto che l’impresa fiumana di d’Annunzio di cent’anni fa fu un ’68 avant-lettre, dove scorreva trasgressione, libertà sessuale e omosessualità, prostituzione e droga. Per non dire più in generale, di Socrate e di Leonardo da Vinci, di alcuni pontefici anche recenti e di quanti grandi ebbero inclinazioni omosessuali. È un risvolto intimo che non toglie e non aggiunge nulla all’uomo e all’opera. Può spiegare alcune scelte, alcuni stili, ma non incide sulla qualità e la sostanza delle cose.
La malizia ideologica di questa denuncia è nel voler suggerire che in una mentalità fondata sul culto macho della virilità, sul disprezzo plateale del frocismo o sul culto cattolico della castità, si annida il germe represso dell’omosessualità. Metà forzatura e metà scoperta dell’acqua calda, se consideriamo il presunto vezzo d’Achille e millenni di vita militare che ebbero come porticina laterale del virile cameratismo una venatura di omosessualità. Senza dire di quel che succede, e da secoli, nei seminari e nelle parrocchie.
Sono fatui gli esultanti Olè che accolgono nei media esponenti conservatori presi in fallo omosex: come il leader di destra Pym Fortune o il regista Theo van Gogh, assassinati perché anti-islamici. Invece c’è meno accanimento nel sottolineare quanti ricchi, egoisti e sfruttatori di colf extracomunitarie ci sono tra gli umanitari della sinistra solidale. Questa incoerenza passa in sordina.
Sosteneva Umberto Veronesi, e me lo ribadì di persona in una conversazione a Procida, che la tendenza omosessuale sarebbe un segno darwiniano dell’evoluzione della specie: più evoluti siamo e più si attenuano le differenze sessuali, diceva l’illustre oncologo prefigurando un futuro bisex o trans. Sessualità fluttuante e volubile, periodo rosa alternato al periodo azzurro, come i pittori. La perdita delle differenze non mi pare un’evoluzione o una conquista, soprattutto se pensiamo al dono-responsabilità di mettere al mondo figli, perpetuando una società.
Ma vorrei osservare un paio di cose. La prima è che la cultura, anche quella che a torto o ragione viene intruppata nella categoria di destra, non è un blocco militare che marcia compatto in divisa e colpisce unito il Nemico, incluso quello arcobaleno. Ci sono diverse sensibilità e sfumature, è variegato il campionario delle intelligenze. E rispetto alla sinistra, più militante e allineata, la destra vive ancor più questa libertà di espressione. Per cui non deve sorprendere se Evola dice una cosa e Mishima ne fa un’altra, se Del Noce sostiene una tesi e Peyrefitte la contraddice, se Malaparte è sciupafemmine e Weininger è misogino. Ognuno risponde di sé, della sua vita e del suo pensiero, non c’è un tribunale ideologico che ti processa e ti espelle sulla base di un’ortodossia sessuale o una sacra rota genitale che annulla la visione di destra in caso di preferenze omosessuali. Non esiste un canone rigido a cui rigorosamente attenersi, tantomeno sui gusti sessuali.
L’omosessualità è contronatura perché contraddice la legge naturale della vita, la differenza dei sessi e la riproduzione della specie. Ma pure la castità e molte virtù cristiane sono per altri versi contronatura perché contraddicono l’indole naturale dell’uomo.
La seconda è che la destra, se è intelligente, non nega affatto dignità agli omosessuali, non disconosce le qualità nel nome dell’orientamento sessuale e non è percorsa dall’omofobia; ma critica l’omofilia, se non l’omolatria, rifiuta cioè l’elevazione dell’omosessualità a modello di vita, la sua esibizione orgogliosa, passando da tabù a totem. Il gay pride ne è il prototipo, così come il ruolo delle cosiddette lobbies lgbt; l’ostracismo o la simpatia verso un autore motivati dalle loro preferenze omosessuali. E invece non muta né in meglio né in peggio il mio giudizio personale sulle opere della Yourcenar o di Garcia Lorca, di Kavafis o di Pasolini sapendoli omosessuali; giudico i loro scritti per quel che sono, quel che trasmettono e non per la vicenda biografica, intima e sessuale. A destra l’unica vera omofobia che ha senso e coerenza riguarda la fobia per l’omologazione, non per l’omosessualità. Per la cronaca, neanche il regime fascista o il codice Rocco prevedevano leggi omofobe o reati di omosessualità, se non all’interno della più generale tutela del pudore e del decoro dagli atti osceni in luogo pubblico; ma riguardava anche gli etero.
Quest’uso grottesco della destra e della sinistra fuori dalla storia, dalla cultura civile e dalla politica, quest’uso intimo ed erotico delle idee, è deprimente. Vorrei solo che la vita intima restasse privata, che i gusti omosessuali non diventassero modelli di riferimento pubblico e che un autore fosse giudicato dai suoi testi e non dai suoi testicoli.
MV, La Verità 8 agosto 2019